I voli della speranza: le 7 task force italiane per salvare chi fugge

Il ponte aereo in 4 giorni ha portato in salvo 600 afghani: mancano ancora 20 italiani

I voli della speranza: le 7 task force italiane per salvare chi fugge

Un piano per l'evacuazione in continua evoluzione, perché in questi casi la fluidità degli eventi è all'ordine del giorno, con il generale di Corpo d'Armata Luciano Portolano, di fatto un uomo solo al comando dell'intera operazione, che lavora senza sosta per riportare tutti a casa. Perché è proprio la parte operativa la più importante. I suoi collaboratori più vicini fanno capire che il generale sta mettendo anima e corpo perché tutto vada nel modo giusto, ma riceve centinaia di chiamate al giorno ed è tutto estremamente complicato. Perché a parte qualche vertice che ha scelto di continuare a lavorare anche d'estate la maggior parte del personale dello Stato Maggiore Difesa era in ferie e solo a crisi iniziata si è deciso di richiamare tutte le forze in campo a gestire una crisi che va a braccetto con i problemi legati a Covid e vaccini.

Così oggi ci sono al lavoro solo sulla crisi afghana 1.500 militari del Covi, i dipendenti Joint Force HQ (JFHQ), il Comando Operazioni Forze Speciali (COFS), la Joint Evacuation Task Force (JETF), la Joint Special Operation Task Force (JSOTF) del Comando Operazioni Aerospaziali dell'Aeronautica militare (Coa), della 46esima Brigata aerea del 14esimo Stormo dell'Aeronautica militare, della Task Force Air di Al Salem (Kuwait), oltre a tutti i militari delle Forze armate e dei Carabinieri preposti all'accoglienza e alle gestione al loro arrivo in Italia del personale delle ambasciate, degli interpreti, dei collaboratori e delle loro famiglie.

Attualmente a Kabul ci sono l'ambasciatore Stefano Pontecorvo, il console Tommaso Claudi, una quindicina di militari tra carabinieri del Tuscania e Forze speciali, l'addetto militare italiano. Gente che lavora per portare in Patria non solo gli afghani, ma anche «20 connazionali, che si trovano ancora non solo a Kabul, ma anche nelle altre province dell'Afghanistan», ha detto Claudi al Tg1. E la Difesa in soli 4 giorni è riuscita a evacuare già 600 afghani.

In aggiunta abbiamo 79 militari della Jetf (Joint evacuation task force) in Kuwait che fanno la spola a bordo dei quattro C-130 dell'Aeronautica che vanno avanti e indietro tra la base italiana e l'Afghanistan e che sono pronti a intervenire in caso di necessità. Il personale ancora in loco, infatti, rischia moltissimo e ogni informazione è centellinata proprio per garantire la loro sicurezza e quella di coloro che devono salire sugli aerei militari per raggiungere l'Italia. Ovviamente, oltre ai normali assetti, vengono usati anche tutti gli strumenti di intelligence delle Forze armate.

La sicurezza dell'aeroporto di Kabul è affidata agli americani, ma in questo momento le operazioni sono di difficile gestione, anche perché i talebani ieri hanno sparato a chi tentava di entrare in aeroporto e controllano ogni persona per scovare gli interpreti e ucciderli. Nessuno al momento può uscire a esfiltrarli. Servirebbero un'intera Brigata, con ogni probabilità e un'azione di forza, ma in questo caso si rischierebbero vite umane e questo si deve evitare. Ecco perché la strategia viene prima di tutto e i contatti con le Forze armate delle altre nazioni sono fondamentali. Sarebbero state fatte concessioni agli Usa di poter far salire qualche loro interprete su nostri aerei pur di riuscire a far passare i nostri dai gate. Ma queste sono voci di corridoio.

Da Kuwait City partono i quattro Kc-767 dell'Aeronautica per Fiumicino. Ieri ne sono arrivati 201, mentre l'ultimo aereo da Kabul è partito con a bordo 99 persone.

Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini e

il Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli, seguono le operazioni con costanza. L'impegno di tutti in questo momento è fondamentale per risolvere una delle crisi più drammatiche degli ultimi decenni.

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