Darya Dugina, nata nel 1992, era laureata in filosofia all'Università statale di Mosca. Aveva approfondito gli studi sul neoplatonismo, ma rivendicava come riferimenti culturali anche Antonio Gramsci, Martin Heidegger e il sociologo francese Jean Baudrillard. Ma era il padre Aleksandr Dugin il suo vero punto di riferimento. Di lui «Dasha» (così era nota) aveva sposato le idee sul nazionalismo eurasiatico che in molti consideravano una giustificazione ideologica all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Lei stessa, nella sua attività pubblicistica, si era esposta parecchio: in autunno uscirà un libro nel quale compare come coautrice: «Libro Z», dalla lettera diventa simbolo del sostegno all'invasione. Aveva lavorato, tra gli altri, per le emittenti filo-Cremlino Russia Today e Tsargrad Tv con lo pseudonimo di Daria Platonovna.
Un'attività che le era valsa la «scomunica» da parte dell'Occidente. La Dugina, era stata colpita dalle sanzioni occidentale in quanto «fautrice di alto profilo e frequente di disinformazione sull'Ucraina e sull'invasione russa su varie piattaforme online». Era anche oggetto di sanzioni da parte del Dipartimento del Tesoro Usa come direttrice del sito United World International (Uwi) di proprietà di Ievgeny Prigozhin, stretto alleato di Putin, accusato di disinformazione.
Negli ultimi tempi la Dugina si era occupata nei suoi scritti anche dell'Italia.
Aveva salutato con favore la caduta del governo di Mario Draghi «un Quisling, un «collaborazionista degli americani» e auspicato alle elezioni del 25 settembre un successo delle forze anti-establishment come «Italia sovrana e popolare», la lista di Marco Rizzo e Antonio Ingroia.
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