Nemmeno il tempo di giurare ed ecco i primi scricchiolii nel nuovo governo. Che si scopre già spaccato su un tema centrale e delicatissimo come quello dei migranti. Nel mirino la gestione degli sbarchi, che peraltro non sono mai cessati neppure durante la linea dura imposta da Matteo Salvini e dal Conte I. E ieri se ne è registrato un altro: 57 uomini sono sbarcati sulle spiagge di Cirò Marina, nel Crotonese, da un'imbarcazione a vela.
La bordata che arriva sul governo è di fuoco amico, firmata da Matteo Orfini. «Non voglio rovinare la festa a nessuno - esordisce caustico Orfini in un post su Facebook - però ieri il ministro dell'Interno (nuova gestione) ha negato un porto alla Alan Kurdi che da giorni attende in mare dopo aver salvato 13 migranti. Non so chi abbia assunto questa decisione, ma è una scelta sbagliata. Sbagliatissima». Il primo giudizio è una secca bocciatura, ma l'affondo di Orfini, che in estate era stato tra i parlamentari di centrosinistra che avevano scelto di salire a bordo della Sea Watch e di solidarizzare con la capitana Carola Rackete, non finisce qui. Anzi, prosegue con una tirata d'orecchie a tre ministri - due dei quali del suo stesso partito - rei di non aver già impresso il marchio del cambiamento all'esecutivo sul tema migranti. «Siamo tutti felici che al governo non ci sia più Salvini - insiste il parlamentare democratico - ma ad essere abbandonate devono essere anche le sue politiche, sennò davvero non ha senso. I ministri Lamorgese, Guerini e De Micheli dimostrino subito di aver chiaro il senso della parola discontinuità e facciano sbarcare i naufraghi, correggendo immediatamente l'errore commesso ieri».
Il bello è che proprio la titolare del Mit, Paola De Micheli, ieri aveva predicato nel solco degli auspici di Orfini, ricordando in un'intervista a SkyTg24 che «quando salvi una persona non è reato, ma è la cosa giusta da fare». Ricordando anche l'intenzione di rimettere mano ai decreti Sicurezza per «recepire» le osservazioni del capo dello Stato. Ma proprio la De Micheli, con la sua frenata sulla revoca della concessione ad Autostrade, aveva aperto la strada a un altro fronte di rottura con gli alleati pentastellati. Insomma, sui dossier più delicati sembrano già aver difficoltà di convivenza non solo le due componenti del governo, ma stando ai richiami di Orfini gli stessi esponenti democratici. Anche perché la linea dura imposta da Salvini ha senza dubbio contribuito alla crescita dei consensi leghisti, e un cambio di rotta radicale sul punto potrebbe esporre l'esecutivo a scelte impopolari. Lo sa bene anche la De Micheli, che a Sky ha ammesso che il «rischio che si corre è di essere infilati sul piano comunicativo dall'attuale minoranza».
Infatti ieri il leader leghista ha auspicato, dall'opposizione, «che non tornino indietro perché l'immigrazione clandestina era un business da sei miliardi di euro». E alle accuse di «disumanità», l'ex titolare del Viminale ha replicato: «Spero che la sinistra non ci porti indietro di due, tre, quattro anni per fare un dispetto a Salvini». La speranza, su un tema sul quale le posizioni delle due componenti del governo sono difficile da comporre, è che arrivi una mano dall'Europa, più collaborativa una volta mandati a casa i sovranisti.
In tutto questo, ieri la portavoce della Commissione europea, Natasha Bertaud, ha spiegato che l'esecutivo della Ue «non è stata sollecitata per coordinare i ricollocamenti dei migranti della Alan Kurdi», mentre l'ex premier Romano Prodi pronostica un «superamento di Dublino», una «follia» risalente a quando «l'immigrazione era poco rilevante».
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