Il ministro Minniti ha dimostrato di sapersi muovere con fermezza e buon senso e gliene abbiamo sempre dato atto. Ma sulla gestione del dopo sgombero degli immigrati di Roma qualche cosa si è inceppato al vertice del ministero dell'Interno e della polizia. Peggio del «non fare» c'è solo il fare e poi pentirsi di averlo fatto. Così come a disorientare i soldati sono i generali che danno ordini e contrordini creando solo caos, così i cittadini rimangono disorientati da uno Stato che smentisce se stesso. Qualcuno deve avere pur deciso - per fortuna e finalmente diciamo noi - di intervenire per sloggiare gli abusivi di piazza Indipendenza. E quel qualcuno doveva pur sapere che uno sgombero è una operazione in sé violenta, anche se condotta in guanti bianchi. Perché a volte fare rispettare la legge è cosa violenta. Sono violente le cartelle di Equitalia, lo sono i pignoramenti, lo sono un avviso di garanzia e un arresto preventivo, lo è una sentenza di divorzio che toglie l'agibilità dei figli a uno dei due genitori. La democrazia è violenta perché deve imporre a tutti, senza distinzioni di censo, sesso e credo, il rispetto delle regole e l'unico spartiacque è se qualcuno, investito dell'ingrato compito, abusa di questo enorme e delicato potere.
Non risulta - salvo un eccesso verbale rimasto senza seguito - che a Roma i poliziotti abbiano commesso abusi. Anzi, semmai è stato documentato il contrario. Minniti, quindi, si sta pentendo non di un fatto ma del fatto: «Mai più sgomberi senza prima aver individuato soluzioni alternative». Che è come dire: la legge va fatta rispettare solo quando è possibile e il farlo non crea complicazioni. Quindi - il ministro mi passi la semplificazione - se non trovo parcheggio posso lasciare la macchina in divieto di sosta, se non ho soldi non pagare le tasse, se ho fame rubare.
Il disagio sociale è sicuramente un problema, ma il Far West è assai più pericoloso, soprattutto se benedetto dal ministro dell'Interno.
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