Tra venti di guerra e l’ombra del Covid la Cina in vetrina apre i suoi Giochi e mostra i muscoli

Coreografia da favola ma stadio mezzo vuoto. Uiguri accendono il braciere. Impassibile Xi, Russia senza bandiera, Italia avvolta dal tricolore

Tra venti di guerra e l’ombra del Covid la Cina in vetrina apre i suoi Giochi e mostra i muscoli

Una fiaba. L'incantesimo della cerimonia ai Giochi di Pechino per riportarci indietro ai sogni d'infanzia, al mondo delle favole, i giochi delle luci, la magia dei colori, i cicli della natura, il viaggio attraverso le stagioni, i germogli di vita mossi da tremila figuranti, e tra i danzatori una ragazza italiana, Heléna Sambucini, ombre buie e poi chiare, nel Nido d'Uccello, lo stadio della capitale di Cina, trasformato nel fantastico mondo delle Olimpiadi invernali, davanti a Xi Jinping, avvolto in un giubbone a proteggersi dai meno 8 del termometro, lui, leader massimo, segretario generale del Partito Comunista, Presidente della Repubblica Popolare Cinese, fermo come una statua, anzi un monumento, appena un cenno con la mano, nemmeno una smorfia sul viso e dagli occhi quando ha sollevato la mascherina per proclamare l'inizio dell'evento.

La Cina sta racchiusa in quell'immagine, lontana, vicinissima e astuta, con i suoi incantamenti bianchi e d'argento, ideati e allestiti dall'arte scenica del cineasta Zhang Yimou, il regista di Lanterne Rosse, candidato all'Oscar nel 1992, poi direttore della cerimonia di apertura dei Giochi invernali del 2006, l'operaio della Rivoluzione culturale, condannato poi a pagare la vergogna di una multa di un milione di dollari per avere violato la legge del figlio unico, avendone avuti sette e non denunciati tre. Queste, dicono, sono cronache di un tempo e di una Cina che furono, Pechino oggi sforna la rivoluzione del capitale, il mondo scopre non pipistrelli e laboratori del male ma il Lego di una città magica, Bejingland, grattacieli, autostrade, aeroporti, il significato dei Giochi è il messaggio di purificazione, come al tempo della Germania nazista e Berlino Trentasei.

Il mondo in diretta televisiva, senza il minculpop del governo, ha visto non tre, non sette ma mille e ancora mille bambini, cantare, correre, pattinare, sciare, giocare, ridere, la Cina del futuro nel tentativo di oscurare il passato e il presente mai totalmente definito da quelle stesse giovani creature poi destinate a lavori clandestini, la sofferenza e il silenzio dopo la gioia e i canti. La bandiera cinese, le grande stella gialla, simbolo del partito comunista, le altre quattro più piccole, a rappresentare le classi sociali, operai, studenti, contadini e soldati, è passata tra le mani di uomini e donne e militari dei cinquantasei gruppi etnici che compongono la popolazione, il drappo rigido e perfetto è finito nelle mani dei cittadini uiguri il cui genocidio culturale resta una macchia non cancellabile.

Il virus ha tenuto semivuoto lo stadio per poi aprire la finestra e la porta all'ingresso degli atleti in rappresentanza di ottantasette paesi. I nostri azzurri penultimi per alfabeto cinese, avvolti in una enorme mantella tricolore griffata Armani, il sorriso largo di Michela Moioli a guidare la folla biancorosseverde, e poi l'improbabile portabandiera albanese, Denni Xhepa, sciatore diciottenne di Pinerolo, iscritto allo sci club Sestriere, quello di Samoa calzava le infradito e il torso ignudo perché anche le Olimpiadi devono avere il loro Achille Lauro, Nathan Crumpton, bravo nello skeleton e sicuramente in ipodermia dopo la passeggiata sotto zero. Mai è stato inquadrato Putin, per scelta o desiderio, la squadra russa ha sfilato senza bandiera, la squalifica di Stato non permette di essere rappresentata ufficialmente, sono i giochi dei Giochi.

Ma è il caso di ricordare una delle follie nostrane, la Rai per le Olimpiadi ha coinvolto 68 persone, come hanno ricordato i titoli di coda alle immagini, tra questi quattro parrucchieri e un capo trucco e parrucco, un perfetto carnevale di Stato.

Asterischi avvilenti a margine di una festa di fantasie, altri bambini hanno disegnato un grande cuore di luci, poi due tedofori, un fondista uiguro e una atleta della combinata nordica, hanno acceso la fiamma nell'enorme fiocco di neve che riportava i nomi di tutti i Paesi in gara, i magici fuochi d'artificio hanno dato l'idea di riscaldato il gelo dell'aria. La bolla del Covid sembrava lontanissima nella notte di Pechino.

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