Il più netto e incisivo fra i «big» nel ricordare il dramma delle foibe e dell'esodo è stato il presidente della Camera, Roberto Fico. Seguito dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ha denunciato «l'orrore» delle violenze titine. E il centrodestra, a cominciare dalla Lega, ha chiesto a gran voce di cancellare la medaglia della vergogna, la più alta onorificenza della Repubblica concessa al maresciallo Tito nonostante sia stato il boia non solo degli italiani.
«Oggi abbiamo tutti gli elementi per respingere senza esitazioni le tesi negazioniste o giustificatorie di quella persecuzione, purtroppo ancora presenti - ha detto Fico parlando alla Camera per la celebrazione del giorno del Ricordo -. Nessuna aggressione o violenza, per quanto efferata, può giustificare rappresaglie atroci verso la popolazione inerme, come quelle commesse contro gli italiani sul confine orientale». Il presidente grillino ha aggiunto che «per troppo tempo le ferite lasciate da quei terribili eventi sono state confinate nella memoria degli esuli e dei loro discendenti, le cui sofferenze sono state acuite dalla indifferenza o addirittura dalla ostilità di ampie parti del nostro Paese».
Anche Mattarella è stato chiaro: «L'orrore delle foibe colpisce le nostre coscienze. Il dolore, che provocò e accompagnò l'esodo delle comunità italiane giuliano-dalmate e istriane, tardò ad essere fatto proprio dalla coscienza della Repubblica».
Il più debole fra i «big» nazionali è il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che ricorda come «molti persero la vita. Moltissimi altri italiani furono costretti dalle milizie del regime di Tito a un doloroso esodo (...) in fuga dalla violenza». E poi cerca di fare un parallelo con i diritti dei migranti di oggi, anche se gli esuli erano profughi in patria.
A Basovizza, davanti alla foiba monumento nazionale, si è tenuta la celebrazione del 10 febbraio a presenze ridotte causa Covid. Il leader della Lega, Matteo Salvini, con un intervento pubblicato dal quotidiano locale il Piccolo ha sottolineato che «nessuna iniziativa può cancellare la sofferenza di un'intera comunità, sebbene un passaggio doveroso resti ancora da fare per rimuovere almeno la vergogna di anni e anni di rimozione e silenzi. Penso alla proposta di legge di cui sono primo firmatario affinché sia revocata l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce conferita nel 1969 dal Presidente Saragat al Maresciallo Tito». Il governatore del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, e il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, hanno rilanciato la proposta di togliere la medaglia a Tito. E nell'appassionato discorso il primo cittadino ha citato il libro del Giornale, Verità infoibate, e l'introduzione di Toni Capuozzo sul dramma degli esuli. Il presidente della Lega nazionale, Paolo Sardos Albertini, ha ribadito che non bisogna ricordare solo gli italiani, ma tutte «le vittime del comunismo come i polacchi delle fosse di Katyn, i ragazzi ungheresi di Budapest del '56, i giovani cinesi di piazza Tienanmen».
Alla richiesta di revocare l'onorificenza a Tito hanno aderito in tanti da diverse parti d'Italia, come il sindaco di Pavia Fabrizio Fracassi. E il Comitato 10 febbraio di Verbania ha inviato una lettera in tal senso al Quirinale e al procuratore capo della Corte penale internazionale, Fatou Bensouda.
Il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, ha twittato: «Vittime di un odio etnico e religioso. Italiani che hanno avuto il coraggio di non ammainare il Tricolore nel loro cuore. Oggi rendiamo onore ai martiri delle foibe».
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