Nell'ultimo giorno utile il Decreto Rave diventa legge. Una conversione per la quale è necessario fare ricorso alla «tagliola» o alla «ghigliottina» per stare nei tempi, ovvero lo strumento che consente di tagliare i tempi di discussione di un testo all'esame del Parlamento.
Il voto arriva alla fine di una maratona di 72 ore in cui va in scena la prima vera, grande disfida parlamentare della legislatura e in cui le opposizioni mettono in campo tutti gli strumenti a loro disposizione per fare ostruzionismo con l'obiettivo di arrivare alla mezzanotte del 30 dicembre senza il voto finale per evitare che il provvedimento diventi legge. Si succedono richieste di stop dei lavori, proteste, accorate denunce sulla compressione delle prerogative parlamentari, interventi sull'ordine dei lavori, richieste di sottoscrizione degli ordini del giorno sui quali scatta da lì a poco un improvviso ripensamento con la richiesta di togliere la propria firma.
La notte è animata da liti, insulti e gestacci tra i parlamentari. Più volte il presidente dell'Aula Lorenzo Fontana è costretto ad agitare la campanella per richiamare all'ordine i parlamentari quando dall'emiciclo si sente «Animale, statti calmo, stai seduto» mentre Marco Pellegrini, deputato del Movimento Cinque Stelle, alza il dito medio per mostrare alla presidenza il gesto appena ricevuto da esponenti del centrodestra. Interviene anche Marco Grimaldi di Avs, Alleanza Verdi Sinistra, le cui parole («non è un bivacco di manipoli») fanno infuriare i deputati di Fratelli d'Italia.
Nuovi momenti di tensione si verificano mentre sono ancora in corso gli interventi, quando Federico Fornaro del Pd chiede alla presidente di turno, Anna Ascani, se Fontana abbia previsto di «programmare una pausa tecnica della seduta», dopo quella che si è svolta dalle 7 alle 8 della mattina. La risposta è negativa, «il presidente ha ritenuto non ci siano le condizioni».
La contromossa della maggioranza arriva con l'iscrizione a parlare di 38 deputati del centrodestra. A quel punto calcolando i tempi diventa evidente che le dichiarazioni di voto porteranno il dibattito ben oltre la mezzanotte. È il passaggio finale che giustifica la «tagliola». Così, nella riunione della Conferenza dei capigruppo, la presidenza «considerato che tutte le fasi di esame del provvedimento si sono svolte e considerato che, nell'ambito delle dichiarazioni di voto finale in corso, tutti i gruppi hanno potuto esprimere le loro posizioni, si trova costretta nell'esercizio delle responsabilità che l'ordinamento le affida, a porre direttamente in votazione finale» il Dl rave. Una decisione che suscita inevitabili proteste, ma anche qualche sospiro di sollievo tra tutti i parlamentari visto che in tanti avevano prenotazioni già fissate per tornare a casa per le feste, con i trolley parcheggiati in Parlamento.
Il ricorso alla ghigliottina (o tagliola) da parte del Presidente della Camera porta dunque a un voto immediato: il Dl Rave viene approvato con 183 sì, 116 no e un solo astenuto. La maggioranza necessaria era fissata a 150.
La tagliola finora era stata usata solo una volta, il 29 gennaio 2014 dall'allora Presidente della Camera Laura Boldrini per bloccare l'ostruzionismo dei Cinquestelle contro il DL Imu-Bankitalia. Si accende anche un dibattito sulla metafora da utilizzare per la scorciatoia regolamentare utilizzata in aula.
È Fabio Rampelli a fare notare il doppio registro lessicale: «Quando la sinistra applica l'interruzione forzata si parla di tagliola, se lo fa la destra si parla di ghigliottina. È un'immagine molto violenta. O è tagliola sempre o è sempre ghigliottina. L'ultima volta che fu utilizzata, io c'ero, era per il dl Bankitalia-Imu. E il termine utilizzato fu appunto tagliola».
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