
«Atmosfera costruttiva», confronto «molto positivo e costruttivo» sia per Teheran che per Washington, durante il primo round di colloqui tra Iran e Stati Uniti nei pressi di Muscat, capitale dell'Oman, che fa da mediatore e conferma l'atmosfera «amichevole» dell'incontro, il cui secondo round si svolgerà sabato prossimo, ma in una sede da definire. Tavolo aperto, dunque, sull'arsenale nucleare degli ayatollah, la cui scalata verso l'atomica Stati Uniti e Israele intendono fermare, riservandosi anche l'opzione militare. Lo scambio è durato due ore, con un'iniziale contraddizione sui negoziati: «indiretti» per Teheran, «diretti» per la Casa Bianca. Ma a incontro concluso, l'Iran ha ammesso che «alla fine dei colloqui» i due incaricati - il ministro degli esteri iraniano Abbas Araghchi e l'inviato di Donald Trump, Steve Witkoff, hanno avuto una «interazione diretta». I delegati «si sono scambiati le posizioni dei rispettivi governi sul programma nucleare pacifico dell'Iran e la revoca delle sanzioni illegali», dicono dalla Repubblica islamica, contraddicendo quel che l'Occidente denuncia da tempo: gli obiettivi per nulla pacifici degli ayatollah e la necessità di proseguire con le sanzioni per fare pressing sul regime, che continua ad arricchire l'uranio, ha superato i limiti imposti dall'accordo del 2015 (dal quale gli Usa si sono ritirati nella prima presidenza Trump) ed è sospettato di sviluppare armi nucleari. L'Iran sostiene di voler trovare un accordo «equo e onorevole», ma di dice «determinato a salvaguardare il potere e gli interessi nazionali». Trump - tramite Witkoff - fa sapere di puntare a «dialogo e diplomazia, se possibile».
In Egitto, intanto, prosegue l'altra trattativa, quella indiretta fra Hamas e Israele per la liberazione degli ostaggi ancora a Gaza (gli islamisti hanno diffuso ieri il video del rapito israelo-americano Edan Alexander, prigioniero da 554 giorni). Una delegazione di Hamas è stata al Cairo, mentre nella Striscia prosegue la «pressione militare» di Israele, con raid insistenti e novità sul campo. L'Idf ha annunciato di aver esteso le operazioni nel nord, di aver completamente accerchiato Rafah, nel sud, e istituito una nuova «zona di sicurezza», il Corridoio Morag, tra Rafah e Khan Yunis, creando un'ulteriore divisione nell'enclave, dopo aver ripreso il controllo del corridoio Netzarim che separa nord e sud e del corridoio Filadelfia, confine con l'Egitto.
Mentre Hamas continua a lanciare razzi, il ministro della Difesa Katz spiega che Israele sta allargando la «zona cuscinetto» ed è un momento decisivo per i rapiti. All'offensiva militare corrisponde il dramma umanitario. Per l'Onu, «Gaza è ormai una zona di morte post-apocalittica, dove tutto è distrutto».
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