Israele anticipa Hezbollah e con un massiccio raid preventivo blocca la rappresaglia del Partito di Dio libanese. Gli scambi di fuoco sono stati quasi quotidiani lungo il confine tra lo Stato ebraico e il Libano dal 7 ottobre in poi. Ieri la situazione però è precipitata. Nelle prime ore del mattino una pioggia di missili dell'esercito di Tel Aviv ha colpito il Paese dei Cedri. L'esercito ha fatto sapere che sono stati attacchi per «prevenire quelli di Hezbollah in larga scala». La popolazione è stata invitata ad allontanarsi dalle zone in cui opera l'organizzazione. Circa 100 jet da combattimento hanno distrutto «migliaia» di lanciarazzi. Tre persone sono state uccise. Una è morta in un attacco di droni su un'auto a Khiam. Mentre un altro raid israeliano sul villaggio di Tayri ne ha ucciso altre due. Hezbollah in risposta ha sparato centinaia di razzi verso il Nord di Israele, definendo questa la «fase uno» dell'offensiva in rappresaglia per l'uccisione del comandante Fouad Shukr, compiuto il 30 luglio da Tel Aviv nella periferia Sud di Beirut. Ben 320 tra razzi Katyusha e droni del Partito di Dio hanno preso di mira 11 siti militari nello Stato ebraico. In Israele è stato dichiarato lo stato di emergenza per 48 ore e l'aeroporto di Tel Aviv è stato chiuso. Un soldato della marina israeliana, David Moshe Ben Shitrit, è stato ucciso e altri due sono rimasti feriti. Hezbollah ha fatto sapere di agire in sostegno di Hamas, gruppo appoggiato anche dall'Iran.
Quanto avvenuto segna un'importante escalation delle tensioni tra Israele e il movimento armato libanese. Benjamin Netanyahu è subito intervenuto e ha spiegato che le forze dello Stato ebraico erano «determinate a fare tutto il possibile per difendere il Paese» e a riportare indietro decine di migliaia di residenti del Nord che sono stati sfollati a causa del conflitto. «La storia non è ancora finita. Chiunque ci faccia del male, noi gli faremo del male», ha aggiunto. Il ministro degli Esteri Israel Katz ha invece sottolineato: «Non cerchiamo una guerra su larga scala, ma faremo tutto il necessario per salvaguardare i nostri cittadini». Nel pomeriggio è arrivato l'atteso discorso del leader del Partito di Dio Hassan Nasrallah trasmesso dalla tv del gruppo: «Lo Stato ebraico è responsabile della escalation» nella regione, ha tuonato. «Il nemico israeliano ha effettuato un'aggressione contro la periferia Sud di Beirut, superando tutte le linee rosse, uccidendo civili, tra cui donne e bambini, e il leader militare Fuad Shukr», ha continuato. «Non colpiremo i civili, anche se ne avevamo diritto», ha infine precisato. L'atmosfera è incandescente e il rischio che il conflitto si allarghi è altissimo. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere di non essere stati coinvolti nell'attacco ma che «non è stato una sorpresa».
Secondo il New York Times, l'aggressione preventiva dello Stato ebraico era mirata ai lanciamissili in Libano, programmati per essere tirati alle 5 del mattino in direzione di Tel Aviv. E per la rete Kan puntavano direttamente al ministero della Difesa e ad altri obiettivi strategici. Una fonte della sicurezza dello Stato ebraico ha riferito a Ynet che l'esercito israeliano ha sventato un attacco nella zona di Glilot, dove si trovano il quartier generale del Mossad e la base dell'unità 8200, corpo d'élite dell'intelligence.
Pure l'Egitto segue «con grande preoccupazione l'escalation e fa appello alla necessità sia di compiere sforzi internazionali e regionali per ridurre le tensioni». Intanto al Cairo si lavora a una tregua di 72 ore. E anche gli Houthi dello Yemen si sono fatti sentire, elogiando l'attacco del Partito di Dio e minacciando di compiere una nuova aggressione a Israele.
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