Dopo la fiducia ottenuta in extremis alla Knesset (il Parlamento israeliano) meno di un mese fa, il governo-collage guidato dal premier Naftali Bennett inciampa al primo scoglio. La legge che impedisce l'estensione automatica della cittadinanza ai palestinesi sposati con cittadini israeliani, sempre prorogata da 18 anni a questa parte, non è passata. Una notte di trattative serrate, poi l'intesa che sembrava trovata. Invece ieri in aula sono spuntati i franchi tiratori, che hanno inceppato il motore del neonato esecutivo «anti-Netanyahu», consegnando la prima «rivincita» al defenestrato «Bibi», oggi all'opposizione dopo dodici anni di dominio.
Fallito dunque il primo test politico, Bennett non ha dovuto neppure cercare i responsabili della significativa battuta d'arresto della sua eterogenea maggioranza. Ben due partiti alleati, lontani dal suo Dna nazional-conservatore, Meretz (estrema sinistra) e Raam (islamista), hanno infatti indicato il loro voto contrario (o d'astensione), per un provvedimento ritenuto discriminatorio nei confronti della minoranza araba di Israele, circa il 20% della popolazione. Ma inaspettatamente anche il parlamentare Amichaï Chikli, ribelle del partito del premier Yamina, ha negato il «Sì».
È finita così 59 a 59. Pareggio e legge non approvata. «Israele ha bisogno di un governo funzionante, non di un mosaico», ha spiegato su Twitter Chikli, che critica il sostegno di una formazione islamista come Raam a un esecutivo guidato da un leader nazionalista. A gridare «vittoria» è solo l'opposizione: composta pure da partiti di destra. Ha votato contro la legge difesa da Bennett solo per far inciampare il premier, accusato di aver tramato (con i cartelli di sinistra e arabi) per estromettere l'inossidabile Netanyahu.
«Bibi», pur facendo votare all'opposto della sua storia (la controversa legge di «cittadinanza» è stata rinnovata ogni anno dalla Knesset dalla prima adozione nel luglio 2003, durante la seconda Intifada), ha spiegato ai membri del suo Likud che «la cosa più importante era rovesciare questo pericoloso governo sostenuto da elementi antisionisti». Per il partito del premier Yamina, è invece l'opposizione ad aver messo «in pericolo la sicurezza di Israele».
In realtà è l'accordo di coalizione a non aver retto: se i leader di destra, centro e sinistra che compongono la larghissima intesa a 8 si fossero espressi a favore, sarebbe passata. Le autorità israeliane hanno sempre considerato la legge necessaria «per ragioni di sicurezza». Ora invece le domande dei coniugi originari della Cisgiordania o della Striscia di Gaza dovranno essere considerate: coppie con figli, per motivi di salute o in altri casi.
I palestinesi che hanno sposato israeliani, salvo sorprese, potranno chiedere la nazionalità. Almeno «15mila domande», secondo la ministra dell'Interno Ayelet Shaked, tra le principali artefici della trattativa fallita.
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