Israele, il giorno della rabbia. Netanyahu: "Vi chiedo perdono"

Sciopero per gli ostaggi, scontri e arresti. Il premier: "Vergognoso assist ad Hamas. Il Paese resti unito, la pagheranno". Poi le scuse ai familiari. Il video dei prigionieri uccisi

Israele, il giorno della rabbia. Netanyahu: "Vi chiedo perdono"
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Israele si ferma per lo sciopero generale e le pressioni nei confronti del premier Benjamin Netanyahu crescono sempre più. Migliaia di manifestanti hanno bloccato le strade del Paese e hanno protestato a Tel Aviv e nei pressi della residenza del capo del governo a Gerusalemme, continuando a chiedere un accordo per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. «Le vostre decisioni stanno portando alla loro morte», è stato il grido di Nissan, fratello di Ofer Calderon, uno dei rapiti.

A scatenare la rabbia popolare contro il governo, accusato di minare e rallentare i negoziati, è stato il recupero dei corpi di sei giovani rapiti, giustiziati da Hamas 48 ore prima che venissero ritrovati dall'esercito. Dimostranti si sono riuniti in Begin Street a Tel Aviv per chiedere all'esecutivo di concludere l'intesa. Al ritmo dei tamburi, hanno giurato che non abbandoneranno gli ostaggi ancora a Gaza, e hanno chiesto a gran voce «i valori prima di tutto» e accusato il governo dello Stato ebraico di agire contro la nazione. Centinaia di migliaia di persone erano già scese in strada domenica sera in tutto il Paese, la più vasta protesta dal massacro del 7 ottobre. Ci sono stati scontri e una trentina di attivisti arrestati. Episodi simili pure ieri, con marce a Gerusalemme, Haifa e altre cittadine. C'erano anche membri del kibbutz Be'eri che hanno bloccato il traffico e commemorato Carmel Gat, uno dei sei ostaggi uccisi. I contestatori si sono scontrati con le forze dell'ordine e altri hanno cercato di fermare i treni.

L'estrema destra al governo però ha attaccato il sindacato Histadrut e ha sostenuto che si tratti di uno sciopero politico e quindi illegale. «Non mi vergogno di dire che stiamo usando il nostro potere per impedire un accordo sconsiderato», ha tuonato il ministro Itamar Ben-Gvir. Un centinaio di persone hanno inscenato una contro-manifestazione a favore dell'esecutivo: «Non ci fermeremo finché non vinceremo», hanno scandito in marcia a Gerusalemme. È intervenuto pure il tribunale del lavoro che ha ordinato la fine anticipata dello sciopero. Ma il capo dell'Histadrut, Arnon Bar-David, ha sottolineato: «Il destino dei rapiti non è di destra o sinistra, esiste solo la vita o la morte e non permetteremo che la vita venga trascurata». Il Forum delle famiglie degli ostaggi, ha esortato gli israeliani a proseguire: «Non si tratta di uno sciopero, si tratta di salvare i 101 rapiti abbandonati da Netanyahu con la decisione del governo di giovedì scorso», ha sostenuto l'organizzazione, riferendosi al voto dei ministri a sostegno del mantenimento delle truppe nel corridoio Filadelfia, posizione che blocca il negoziato. Poi sono arrivate le parole dure di Netanyahu: «Lo sciopero è una vergogna. State dicendo a Sinwar: avete ucciso sei persone, qui noi vi sosteniamo». Il primo ministro si è quindi opposto alla richiesta del ministro della Difesa Gallant di annullare la decisione del governo di restare nell'asse di Filadelfia. Ma in una conferenza stampa in serata il premier ha cambiato toni rivolgendosi ai parenti degli ostaggi, chiedendo loro «perdono», promettendo che «Hamas la pagherà cara» ed esortando Israele a «rimanere unito di fronte a un nemico brutale e feroce».

Ieri è stato anche il giorno del lutto e del dolore. Prima del capo del governo, il presidente Isaac Herzog, al funerale dell'ostaggio israelo-americano Hersh Goldberg-Polin, ha sottolineato: «Hersh, chiedo perdono per non essere riusciti a riportarti in patria sano e salvo e non aver saputo proteggerti». La madre ha detto con amore rivolgendosi al figlio: «Finalmente sei libero!». E pure Hamas è tornata a farsi sentire.

Ieri ha diffuso il filmato dei sei ostaggi assassinati. Non è chiaro quando sia stato girato il video, ma il gruppo islamista ha fatto sapere che si tratta di un promo per una clip più lunga che verrà pubblicata a breve.

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