"Vogliamo vedere chi a chiacchiere parla di green e chi si impegna a raggiungere gli obiettivi seriamente”, tuonava lo scorso 30 giugno il leader di Azione, Carlo Calenda presentando al Senato la mozione per reintrodurre il nucleare nel mix energetico italiano. Manco a farlo apposta, però, una settimana dopo è proprio lui a disertare un passaggio cruciale per il futuro dell’energia atomica in Europa. Andiamo con ordine. Ieri gli eurodeputati riuniti in plenaria a Strasburgo si sono pronunciati sull’obiezione presentata dalla sinistra (S&D) e dai Verdi per escludere gas e nucleare dalla lista delle fonti energetiche meritevoli di investimenti pubblici e privati, la famosa tassonomia.
Forse, il voto più importante di tutta la sessione. A schierarsi contro la proposta di risoluzione (e quindi a favore del mantenimento di gas e atomo come risorse utili alla transizione ecologica) sono stati il Ppe, i conservatori, Identità e Democrazia e la maggioranza degli eurodeputati di Renew Europe. M5S e Pd, invece, hanno votato sì, sconfessando la Commissione e la linea sostenuta dalla maggioranza delle forze di governo. In tutto questo guazzabuglio, di Calenda, l’alfiere del ritorno delle centrali nucleari in Italia, non c’è traccia.
“Avrà avuto buone ragioni per essere assente”, lo pungola il collega Sandro Gozi. Martedì sera il leader di Azione era a Napoli per una presentazione vista mare del suo ultimo libro. Ieri, invece, si riprendeva sorridente in sella al motorino nella Roma “bloccata dagli scioperi”. Starà andando all’aeroporto per essere al Parlamento Ue in tempo per il voto delle 12? Macché. Il seggio di Azione resta vuoto. E l’assenza del politico con il report sui benefici dell’atomo fissato in cima al profilo Twitter non passa inosservata. “Bene gli studi, ma oggi abbiamo votato sulla tassonomia per impedire di bloccare investimenti su nucleare e gas. E tu non c'eri. La politica va fatta nei luoghi dove si decide e si incide, non su Twitter. Altrimenti si fa il gioco dei populisti”, lo incalza con un post l’europarlamentare di Italia Viva, Nicola Danti.
Ad evidenziare lo scivolone è anche il leghista Paolo Borchia: “Spingere il nucleare a parole non basta, poi serve essere in aula quando si vota”.I commenti sulla gaffe si sprecano e c’è chi fa notare che almeno gli altri vanno in parlamento e votano. Ma il diretto interessato, di solito attivissimo su Twitter, su questo non risponde.
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