Jean-Pierre e Bernadette. Un amore lungo 39 anni

Morto Adams, il calciatore in coma dal 1982 La moglie lo ha accudito, rifiutando l'eutanasia

Jean-Pierre e Bernadette. Un amore lungo 39 anni

No, Jean-Pierre Adams non si è mai svegliato dal coma in cui è precipitato a 34 anni per l'errore di un medico, il 17 marzo del 1982. A 73 anni l'ex calciatore di Nimes, Nizza e Paris Saint-Germain se n'è andato in pace. La moglie Bernadette in questi anni lo ha accudito e amato, da 39 anni se n'è presa cura personalmente, gli ha dato da mangiare, gli faceva il bagno, lo girava per evitare piaghe da decubito. Certo, in un risveglio un po' ci sperava, come confidò al settimanale Tempi. «Lo vesto a letto e gli cambio gli abiti tutti i giorni, poi gli sistemo la stanza e gli metto il suo profumo preferito. Da un po' di anni purtroppo la Paco Rabanne non lo produce più, ora spruzzo Sauvage di Dior».

Originario di Dakar, a 8 anni Adams scappa dal Senegal insieme alla nonna con la scusa di un pellegrinaggio a Montargis, piccola cittadina del Loiret, poi viene adottato da una coppia francese, gli Jourdains. Sono gli anni Cinquanta, come lo zio Alexandre Diadhiou Jean-Pierre ha il pallino del pallone, è bravo e in poco tempo finisce nei Bleus. Con il compagno Marius Tresor nella Nazionale in 22 presenze forma una rocciosa e quasi imbattibile coppia di retroguardia nota come Garde noire, la guardia nera.

Quando un ginocchio malandato reclama una riparazione di routine, una pulizia nella zona del tendine rotuleo, tutto precipita. Jean-Pierre viene intubato male perché all'ospedale Édouard Herriot quel maledetto giorno la maggior parte dei medici e degli infermieri era in sciopero. L'anestesista e un tirocinante inciampano più volte in errore - un tubicino andrà addirittura ad ostruire un polmone, dirà una sentenza risarcitoria 12 anni dopo - causandogli un arresto cardiaco e una prolungata assenza di ossigeno al cervello. Dopo 15 mesi Bernadette fa causa all'ospedale e se lo riporta a casa. Vince, ma la cifra basta appena per le cure. La Federcalcio francese stacca un assegno, le amichevoli organizzate da Michelle Platini, Zinedine Zidane e Jean-Pierre Papin fanno il resto.

A chi chiedeva alla moglie Bernadette cosa significasse prendersi cura di quell'uomo incontrato a un ballo e ormai diventato un involucro in cui di vita apparentemente ce n'era ben poca, lei ripeteva sempre: «Io penso che lui percepisca le cose. Quando c'è l'infermiera se ne accorge, credo che riconosca anche il suono della mia voce e a volte mi sembra che, magari solo per un istante, lui capisca quello che gli dico. Perché io gli parlo di tutto in continuazione». Lei lo ama: nel 1968 non era facile per una donna bianca sposarsi con un ragazzo africano che vuol fare il calciatore e che le ha dato due figli. «Mia madre in modo particolare non ne voleva sapere ma quando Jean-Pierre venne dai miei... Prima diede una mano in cucina poi rimase a parlare tutto il pomeriggio».

Qualcuno la chiamerebbe una bella morte, lontana dai riflettori, mai un video e niente fotografie, né a lui né alla sua cameretta ribattezzata dalla moglie «la stanza del bellissimo atleta dormiente»... Ma Bernadette di eutanasia non ne voleva neanche sentir parlare: «Che cosa dovrei fare? Privarlo del cibo? Lasciarlo morire poco a poco? No, no, no. Jean-Pierre è sempre stata una persona accattivante e ora ha bisogno di aiuto. Lui oggi è ancora vivo e questo è meraviglioso».

In questi giorni in cui si parla di eutanasia, in cui si ripetono gli allarmi per un quesito referendario che depenalizzerebbe l'omicidio del consenziente, aprendo le porte a un Far west legislativo in cui persone fragili potrebbero facilmente essere indotte al suicidio per motivi economici, la Cei ricorda che «scegliere la morte è la sconfitta dell'umano, la vittoria di una concezione antropologica individualista e nichilista, in cui non

trova più spazio la speranza». Questa storia offre una speranza anche a chi non crede nell'aldilà, ma almeno nell'amore. Jean-Pierre è lassù da qualche parte. E Dio solo sa quanto in cielo ci fosse bisogno di un difensore.

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