Johnson&Johnson taglia le forniture: per l'Italia a rischio 7 milioni di vaccini

L'azienda comunica a Bruxelles che non garantirà i 55 milioni di fiale nel secondo trimestre: "Ma manterremo gli impegni". Rezza: "Con 240mila immunizzati al giorno, la normalità in 7-15 mesi"

Johnson&Johnson taglia le forniture: per l'Italia a rischio 7 milioni di vaccini

Il piano vaccinale di Draghi non fa una piega. Sulla carta. Nella realtà resta imbrigliato in continue incertezze e ritardi. L'ultimo è quello annunciato (e smentito dopo poche ore) da Johnson & Johnson, che si è impegnata a fornire 200 milioni di dosi alla Ue nel 2021 e nel secondo trimestre dovrebbe consegnarne 55 milioni. L'azienda annuncia problemi di approvvigionamento ma subito dopo sostiene di essere in grado di mantenere l'impegno sulle consegne. La scorsa settimana aveva detto di avere difficoltà a reperire i componenti del vaccino. Insomma, il giochino di cominciare a produrre prima dell'ok di Ema (che per Johnson & Johnson è atteso per giovedì) sembra aver funzionato sono con Moderna e Pfizer, non con Astrazeneca e J&J.

Tradotto in dosi, significa che potrebbero essere a rischio 7 milioni di dosi per l'Italia. Cioè un altro potenziale rallentamento da recuperare nella campagna vaccinale, appesa a troppi «se», dipendente da contratti e garanzie puntualmente rivisti e corretti. Il file Excell con le date e le dosi dei vaccini da somministrare agli italiani è in continuo aggiornamento. Nella versione ideale, l'obbiettivo è raggiungere, entro la fine di giugno, 15 milioni di persone vaccinate con Pfizer e Moderna, 30 milioni con Johnson & Johnson e Astrazeneca. In più si prevede di lasciare nei magazzini un 2% di scorte necessario a spegnere eventuali nuovi focolai.

A due mesi dall'inizio della campagna vaccinale, sono state distribuite 5 milioni di dosi, con un milione di persone che hanno già fatto il secondo richiamo. Insomma, l'accelerata annunciata dal piano Draghi, al ritmo di 600mila vaccinazioni al giorno da Pasqua in avanti (contro le 100mila di oggi), è più che mai necessaria. Ma l'obbiettivo dei 19 milioni di vaccinati al mese sembra infrangersi a ogni annuncio di ritardo nelle consegne, a ogni rallentamento. I numeri vanno corretti ogni volta. Se fossimo ancora nell'epoca delle tabelle scritte a mano, sarebbero appuntati a matita, quando in realtà ci servirebbe averli scritti con l'indelebile.

«La via d'uscita non è lontana» ha dichiarato il premier Mario Draghi. Ma quella linea dell'orizzonte viene continuamente spostata dalle consegne rinviate. E le pressioni europee sulle aziende valgono fino a un certo punto: è vero che siamo riusciti a fermare l'export di Astrazeneca in Australia, ma ieri la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha reso noto che l'azienda ha consegnato meno del 10% delle dosi pattuite nel primo trimestre di quest'anno.

Per il resto il piano è pronto: l'obbiettivo della squadra coordinata dal commissario all'emergenza Francesco Paolo Figliuolo è aumentare il numero dei nuclei vaccinali mobili e intensificare il ritmo delle vaccinazioni. Non solo, verrà gestita la logistica e le forze armate assicureranno la consegna delle fiale ai medici di base e ai centri di tutta Italia cercando di raggiungere quell'uniformità sia nelle quantità sia nel numero di vaccinazioni che oggi non c'è. Si procederà, inoltre, con il criterio dell'età, con delle regole uniche per tutte le regioni e con una campagna porta a porta. Durante la prima riunione con la Commissione salute delle Regioni sono stati messi a fuoco i gruppi a cui dare priorità per la vaccinazione.

«Potrebbero includere i caregiver, i genitori dei bambini immunodepressi, così come gli ospiti delle comunità - carceri, le strutture per malati mentali e persone portatrici di handicap» specifica Giovanni Rezza, direttore della prevenzione del ministero della Salute. «Con 240mila dosi di vaccini somministrate al giorno ritorneremo allo stile di vita pre pandemico in 7-13 mesi» aggiunge Rezza. Ma perché la macchina vaccini ingrani la quinta, ci vuole il carburante.

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