«Ho sentito i primi 4-5 colpi. Ho impugnato l'arma di ordinanza mettendo il colpo in canna. Poi altre pistolettate. Pensavo che la Questura fosse sotto attacco», racconta al Giornale uno degli agenti nell'edificio durante la mattanza di venerdì pomeriggio costata la vita a due poliziotti in servizio a Trieste. Un comunicato del questore, Giuseppe Petronzi e testimonianze inedite rendono più chiara la dinamica. Purtroppo, però, nonostante fossero state richieste, non c'erano telecamere dove i poliziotti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego sono stati uccisi da Alejandro Augusto Stephan Meran, un dominicano con permesso di soggiorno decennale.
Venerdì mattina una donna denuncia che un ragazzo di colore le ha rubato il motorino. Nel pomeriggio, Carlysle Stephan Meran, chiama la Questura spiegando che il fratello, Alejandro, è il responsabile del furto e vogliono restituire il maltolto. «Due equipaggi in servizio di Volante e una pattuglia della Squadra Mobile» si recano a casa dei dominicani, dove trovano il «ricercato, che appare collaborativo e pacato». Senza precedenti penali rischia al massimo una denuncia a piede libero. Gli agenti Rotta e Demenego lo accompagnano assieme al fratello nell'Ufficio di prevenzione generale della Questura senza le manette ai polsi. Il corpulento Alejandro chiede: «Posso andare in bagno?». L'agente scelto Rotta lo accompagna e all'uscita il dominicano prende la pistola dell'agente. La vecchia fondina in cuoio bianco non ha sistemi per evitare estrazioni non volute. Il colpo della Beretta calibro 9 deve essere in canna, come si usa per un fermo e probabilmente la sicura non è inserita. Il fermato spara «due colpi al lato sinistro del petto e all'addome» uccidendo Rotta. L'altro agente in ufficio a pochi passi, scatta verso il bagno, ma viene subito colpito «sotto la clavicola sinistra, al fianco sinistro e alla schiena». Il killer per prendere la pistola di Demenego fa a pezzi la fondina in kevlar che ha un sistema di bloccaggio. La mattanza avviene in un attimo con 5 colpi sparati in successione. I corpi delle vittime verranno trovati a un metro e mezzo uno dall'altro in un lago di sangue.
Il fratello dell'omicida si chiude «nella stanza impaurito, sotto shock e temendo per la propria incolumità, sbarrando la porta con una scrivania». L'assassino cerca di imboccare le scale per salire ai piani superiori e spara a dei poliziotti che bloccano il passaggio. Le telecamere dell'atrio lo inquadrano «con due pistole in mano come se fosse in un film sul Far West». L'assassino spara per aprirsi un varco verso l'uscita, almeno 23 colpi. Un proiettile ferisce un agente alla mano sinistra, che risponde al fuoco, ma non colpisce il killer. Una volta in strada il dominicano cerca di scappare con un'auto della polizia. Una volante lo affronta. Alejandro spara e colpisce la macchina, ma gli agenti colpiscono l'assassino all'inguine e lo catturano.
In Questura è stata portata anche la madre, Betania, rimasta però in auto all'esterno durante il conflitto a fuoco. «Ho sentito gli spari e Augusto urlare - racconta -. Cosa posso dire ai familiari degli agenti? Non ci sono parole per confortare un dolore così. Mio figlio ha dei problemi mentali». La fidanzata di Rotta è anche lei una poliziotta. La madre giunta a Trieste da Pozzuoli chiede «giustizia». Il fratello curava il killer con psicofarmaci, ma nel capoluogo giuliano «non è seguito dai servizi di igiene mentale», sostengono dalla Questura. Prima dell'Italia aveva vissuto in Germania dove era in cura per problemi psichici. Interrogato Meran si è avvalso della facoltà di non rispondere. La Procura contesta l'omicidio plurimo e il gip ha convalidato l'arresto visti «i gravi indizi» a suo carico. Sequestrate le fondine e le armi dei due agenti morti.
E proprio sulle fondine scoppia la polemica. Per il sindacato di polizia «erano difettose». Ma il Dipartimento di pubblica sicurezza parla di «odiose speculazioni». In tarda serata una fiaccolata silenziosa ha attraversato la città in memoria dei due agenti.
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