Kim dichiara guerra al mondo. E Seul risponde con le bombe

Vettore nordcoreano sul Giappone. Dal Sud sganciati ordigni al confine. Gli Usa: «Tutte le opzioni sul tavolo»

Kim dichiara guerra al mondo. E Seul risponde con le bombe

New York - Kim Jong-un alza il tiro delle sue provocazioni lanciando un missile che sorvola il territorio giapponese prima di infrangersi nel Pacifico settentrionale. Un atto ben più aggressivo di quelli precedenti, che sottolinea come il giovane leader non abbia remore nel compiere un salto di qualità.

L'atto intimidatorio di Pyongyang ha fatto scattare da un lato contromisure sostanziali da parte della Sud Corea, con le forze armate di Seul che hanno sganciato otto bombe MK-84 da quattro caccia F-15 vicino al confine con il Nord. E dall'altro ha spinto il presidente americano Donald Trump a rievocare la possibilità di azioni militari contro il regime. Mentre il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha convocato una riunione d'emergenza e il segretario generale Antonio Guterres ha condannato il lancio, che «pregiudica la sicurezza della regione, ma anche gli sforzi per tentare una ripresa del dialogo».

A differenza degli altri missili lanciati regolarmente tra il territorio nordcoreano e il Giappone (in totale 18 solo nel 2017, gli ultimi nella notte tra venerdì e sabato), quello di martedì mattina è stato il primo a sorvolare il territorio giapponese all'altezza dell'isola di Hokkaido, percorrendo una distanza di 2,700 km e raggiungendo un'altezza massima di 550 km. Il missile, a raggio intermedio, è stato anche il primo disegnato per trasportare una testata nucleare, e per questo rappresenta la più aggressiva azione di Pyongyang verso un alleato Usa, ma anche un monito a Washington e Seul per le loro manovre militari.

«Il vettore ha attraversato il nostro spazio aereo», ha dichiarato un infuriato premier giapponese Shinzo Abe, promettendo che «sarà fatto ogni sforzo possibile per proteggere la popolazione». Si è trattato di un «atto sconsiderato», e di una «grave minaccia per il nostro Paese», ha precisato Abe, che ha parlato con Trump al telefono per oltre 40 minuti. I due si sono impegnati «a mantenere alta la pressione sulla Corea del Nord», e il tycoon da parte sua ha assicurato che gli «Stati Uniti sono al 100% con il Giappone».

Trump ha inoltre evocato nuovamente un possibile intervento militare: «Tutte le opzioni sono sul tavolo». «Il mondo ha ricevuto l'ennesimo messaggio forte e chiaro da Pyongyang: questo regime ha segnalato il suo disprezzo per i Paesi vicini, per i membri delle Nazioni Unite e per gli standard minimi di comportamento accettabili a livello internazionale», ha proseguito il Commander in Chief. Secondo gli osservatori americani, però, in questo momento la Casa Bianca è divisa e non ha ancora deciso che strada intraprendere, soprattutto visto che una eventuale prova di forza rischia in concreto di diventare un'ipotesi sempre più impraticabile perché troppo pericolosa. La rappresaglia di Kim contro Corea del Sud e Giappone viene infatti data per scontata dagli esperti in caso di attacco preventivo americano, e rappresenterebbe una catastrofe.

Intanto l'inviato di Pyongyang all'Onu ha avvertito che la Corea del Nord ha «tutte le ragioni di rispondere con dure contromisure come esercizio del suo diritto all'autodifesa», e «gli Usa saranno pienamente responsabili delle conseguenze catastrofiche che questo comporterà». E se la Cina invita come di consueto le parti «all'autocontrollo», la Russia ritiene ormai «chiaro a tutti che l'opzione delle sanzioni al regime di Kim si è ormai esaurita».

«Maggiori misure restrittive non risolveranno il problema - ha detto il vice ministro degli esteri Serghei Ryabkov -. Ora l'Onu deve passare un documento che dica chiaramente no ad una soluzione militare e a sanzioni unilaterali al di fuori di quelle approvate dal Consiglio di Sicurezza».

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