L'accusa dell'ostaggio al docente dell'Unrwa

La confessione dopo la liberazione: "Prigioniero di un membro dell'agenzia Onu". Ma c'è la smentita

L'accusa dell'ostaggio al docente dell'Unrwa
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Sospetti, accuse, polemiche, smentite. Da settimane ormai L'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, è finita nel mirino per la sua presunta vicinanza, se non connivenza, con i terroristi di Hamas. Perché accanto all'enorme lavoro svolto dall'associazione per i profughi e gli ultimi della Striscia di Gaza, a cui fornisce assistenza alimentare, sanitaria e scolastica, dall'esplosione della crisi in Medioriente del 7 ottobre, il ruolo dell'associazione, o almeno di alcuni rappresentanti, è finito in un cono di ambiguità mai del tutto chiarito. E deflagrato nei giorni scorsi con il racconto di uno degli ostaggi rilasciati da Hamas che ha detto di essere rimasto prigioniero per 50 giorni nella soffitta della casa di un insegnante dell'Unrwa. Si tratterebbe del padre di dieci figli che gli avrebbe fornito la quantità minima di cibo e medicinali sufficienti solo a sopravvivere, facendo, di fatto, il carceriere per conto dei terroristi. Accusa, per ora non verificata, che va di pari passo con quelle dell'esercito israeliano, che ha pubblicato diversi video che mostrano come in alcune scuole gestite dall'associazione ci fossero lanciarazzi, armi e munizioni oltre a scorte di cibo requisite e non distribuite ai civili.

Del resto, se non si trattasse di connivenza esplicita, il rischio di mele marce sparse è indubbiamente alto in un'associazione che conta ben 30mila dipendenti e che secondo le stime ha gestito fondi, frutto di donazioni, per oltre 40 miliardi negli ultimi 30 anni. Non aiuta a rasserenare il clima anche il fatto che diversi membri dell'organizzazione, almeno 14 quelli individuati senza dubbi, abbiano esplicitamente celebrato sui social gli attacchi di Hamas contro Israele. E che in alcuni testi scolastici distribuiti nelle scuole dell'organizzazione venissero riportate e sostenute tesi antisemite.

«Fare accuse gravi di dominio pubblico, non supportate da prove o fatti verificabili a sostegno delle stesse, può equivalere a disinformazione. Siamo determinati a scoprire se le informazioni in questione sono autentiche o false», ha replicato l'Unrwa alle dichiarazioni dell'ostaggio, rilanciate con sdegno dalla stampa israeliana, chiedendo che cessino gli attacchi diretti all'organizzazione. Chiarezza, chiede legittimamente.

Chiarezza è quel che serve. Anche e soprattutto all'organizzazione. Perché nella lodevole assistenza a chi soffre non può e non deve esserci alcuno spazio per connivenza verso chi la sofferenza, tanta, la infligge quotidianamente.

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