Roma - Andare alle urne il prima possibile, per evitare il peggio. La notte di domenica, quella della bruciante sconfitta alle Amministrative, ha rimesso in moto la macchina del voto anticipato. Il Pd adesso ha paura, e le interpretazioni della debacle si moltiplicano. In tanti puntano il dito contro il decreto legge salva-banche venete: 5,2 miliardi di euro (che potrebbero diventare 17 miliardi) tutti a carico del contribuente. C'è anche dell'altro.
La batosta alle Comunali è l'ennesimo segnale di uno scollamento della base. Perdere Genova, Pistoia, Piacenza e persino L'Aquila impone una reazione. Ecco allora l'idea che ritorna: elezioni il 5 novembre, stessa data delle Regionali in Sicilia, per limitare al massimo l'effetto Beppe Grillo sull'isola. Un'altra disfatta, con le Politiche che si avvicinano, potrebbe essere fatale. Finora sono soltanto voci, come quelle riguardanti possibili revisioni di un'agenda parlamentare quanto mai «arrembante». C'è tanta carne al fuoco, a cominciare dalla ius soli, la legge sulla cittadinanza che divide il Paese soffiando il vento in poppa al centrodestra. Le nuove norme, già approvate alla Camera, torneranno in Senato questa settimana ed è difficile ipotizzare passi indietro. Se però Renzi dovesse scegliere un profilo più basso, alcune cose potrebbero cambiare. «Nessuno, in questo momento, vorrebbe essere nella testa di Matteo», commentano i parlamentari.
L'imperativo è salvare il salvabile. Lo spauracchio è il voto in Sicilia. Dopo il gran rifiuto di Pietro Grasso, che per correre alla presidenza avrebbe dovuto abbandonare la guida del Senato, è tornata la paura di una vittoria dei Cinque Stelle.
Se i grillini, strafavoriti, il prossimo novembre dovessero entrare a Palazzo d'Orleans, le conseguenze sul voto nazionale potrebbero essere pesanti. Torna a farsi strada, complice il cattivo risultato nei comuni e il naufragio della legge elettorale tedesca, l'ipotesi di mandare tutta Italia al voto assieme ai siciliani. L'obiettivo è duplice: arginare la valanga pentastellata sull'isola ed evitare che il Paese vada alle urne con una Sicilia grillina. Renzi, che per adesso ostenta tranquillità, è sotto assedio. Mdp lo ritiene il principale responsabile della sconfitta del centrosinistra. La minoranza interna cerca di mettere in discussione la sua leadership, e in quest'ottica il problema numero uno si chiama Carlo Calenda. Il ministro dello Sviluppo economico è considerato la principale alternativa per Palazzo Chigi.
Nelle ultime settimane l'ex ambasciatore a Bruxelles è entrato in rotta di collisione con il segretario del Pd. Il pomo della discordia è il ddl Concorrenza, arrivato ieri in aula a Montecitorio per la seconda volta.
La legge, fortemente sostenuta da Calenda, è stata emendata in commissione grazie a un blitz disposto da Renzi in persona.Una mossa che ha fatto andare il ministro su tutte le furie, provocando sommovimenti nella maggioranza. Sul testo, che le camere si rimpallano da 28 mesi, non verrà posta la fiducia. Meglio evitare guai.
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