L'agguato mediatico al "ministro che offende"

Il video è divertente, il ministro Brunetta che litiga con un contestatore a un comizio.

L'agguato mediatico al "ministro che offende"

Il video è divertente, il ministro Brunetta che litiga con un contestatore a un comizio. Ma nel gioco degli specchi riflessi dai social, un agguato mediatico di paese in piena compagna elettorale assurge a vicenda scandalosa che per qualche ora ridisegna l'agenda politica. Spunta il filmato, si moltiplicano i commenti sulle varie piattaforme sull'arroganza di Palazzo, il clima si infiamma. E poi tutto si spegne con l'emergere del contesto reale, con le responsabilità ribaltate. Si parte dall'esponente di governo sprezzante con un cittadino a un evento pubblico, si finisce con una denuncia per violazione di domicilio di una proprietà privata dove i contestatori si sarebbero intrufolati per inscenare un tranello mediatico da sparare in rete.

La cornice non è intanto una pubblica piazza, ma un'azienda agricola di Mira, alle porte di Venezia, dove il titolare ha invitato il ministro veneto e il candidato sindaco locale a chiudere la campagna elettorale venerdì 10. L'odore di letame esalta la cornice agreste, girano bicchieri di vino bianco e generosi porzioni di maialino alla griglia. Gli ospiti sono una sessantina.

Uno sconosciuto comincia a disturbare il comizio del ministro di Forza Italia, accusando i politici di guadagnare troppi «sghei». Gli animi si scaldano e spunta un telefonino che riprende. Si scontrano sul lavoro. «Che cosa fai?» chiede il politico. «Il tappezziere» risponde l'altro, sottolineando il suo ruolo di dipendente «E allora mettiti in proprio» suggerisce il politico che ricorda sempre, senza vergogna, le sue umili origini. Il contestatore vuole intervenire, ma il titolare della Pubblica amministrazione si accende: «No, non ti lascio parlare perché il microfono ce l'ho io, quindi comando io. Viva la democrazia. Continua a fare il tappezziere, dipendente».

E il siparietto spopola, fino a scoprire la vera anatomia di un'imboscata partita sul tema di «Brunetta che insulta un lavoratore negandogli il diritto di replica». Analisti della rete hanno scoperto risvolti interessanti con l'esame dei profili che hanno anticipato il video della serata in Veneto, reso virale dal rilancio del Fatto Quotidiano. Nei commenti abbondano firme inequivocabili di un certo mondo, la «Z» di sostegno all'aggressione di Putin in Ucraina e i mattoncini usati come simboli di riconoscimento dall'ultradestra. Alla fine, dietro l'umile tappezziere insolentito da un bieco esponente della casta, emerge la galassia che solca le acque irrequiete che collegano la sponda No Vax con quella anti Zelenski.

Per amore di verità si è fatto vivo anche il proprietario dell'azienda che ha ospitato il comizio elettorale. Denuncerà le provocazioni avvenute all'interno della sua proprietà. E già si insinuano sospetti su una presunta compravendita del video amatoriale. «Altro che ministro che sbeffeggia un lavoratore, sono stato bullizzato e fatto oggetto di body shaming in questa vicenda» sorride Brunetta, quasi incredulo dal clamore suscitato dalla vicenda. «Figurarsi se disprezzo i dipendenti, io sono figlio di ambulanti e non ho mai voluto avere padroni, tranne lo Stato.

Poi non si è mai visto un politico che cede il microfono al contestatore che lo sta disturbando...» chiude il caso l'esponente di governo. Tra agguati e mattoncini, la rete si inventerà altro per i ballottaggi del 26 giugno. Ci toccherà anche la prossima volta.

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