Ora è tutto chiaro. La Turchia del presidente Erdogan non può e non deve entrare in Europa. E probabilmente non dovrebbe più stare neppure nella Nato. Non può farlo perché è un nemico giurato dei valori su cui si basano, non l'Unione europea, ma la civiltà, la tradizione e la democrazia liberale europea. Per capirlo basta prestare attenzione alle accuse di nazismo rivolte dal presidente Recep Tayyp Erdogan prima alla Germania e, ieri, ad un Olanda colpevole di opporsi alla pretesa del ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu di volare a Rotterdam per tenervi un comizio a favore del referendum sulla riforma costituzionale del prossimo 17 aprile. Emblematica una frase di Erdogan: «Ora vedremo come faranno i voli dall'Olanda ad arrivare in Turchia». Dietro quelle pretese e quelle accuse emerge con chiarezza la minaccia rappresentata da questa Turchia.
Quel referendum costituzionale non è una semplice riforma in chiave presidenziale, ma il definitivo colpo di spugna alla costituzione laica del 1923 con cui Mustafà Kemal Ataturk abolì il califfato, mise le organizzazioni religiose sotto il controllo statale, laicizzò il paese riconobbe la parità dei sessi e proibì l'uso del velo islamico nei locali pubblici. Vincendo quel referendum Erdogan potrà ignorare l'opinione del Parlamento e regnare alla stregua dei sultani di quell'impero Ottomano. Fin quando lo fa a casa propria e con il voto consapevole dei propri cittadini testimoni della spietata campagna repressiva lanciata dopo il fallito golpe l'Europa non può far molto. Con quel voto il Sultano Erdogan conta, come i propri predecessori ottomani, d'imporsi anche come campione e guida di tutte le nazioni islamiche. In attesa di poterlo fare pretende di trasformare la Germania e l'Olanda in silenziosi complici.
Dietro le accuse di nazismo rivolte a Berlino e a L'Aja si nasconde la pretesa di trasformare una Germania dove vivono circa tre milioni di turchi e un'Olanda dove ne vivono altri 400mila in piazze per la propria propaganda. Ma dietro questa prima pretesa, si cela quella più subdola di trasformare le comunità turche presenti in Europa in autentiche quinte colonne.
Quinte colonne ancor più pericolose se c'aggiungiamo, in prospettiva numerica e religiosa, tutti quegli immigrati islamici di cui l'attuale presidente (uscito, non va dimenticato, dalle fila della Fratellanza Musulmana) si propone come futuro Sultano o Califfo transnazionale.
Come oggi manda i suoi ministri ad indirizzare il voto dei propri connazionali il Sultano Erdogan potrebbe domani inviare in Europa schiere di predicatori islamici per istruire o mobilitare l'intera «umma» o comunità islamica presente nel Vecchio Continente.
Una «umma» che Erdogan minaccia di incrementare a dismisura promettendo, se Germania e Olanda non accetteranno i suoi diktat, di riaprire i rubinetti di quell'immigrazione fuori controllo che tra il 2014 e il 2015 portò oltre un milione di migranti di fede islamica dentro i nostri confini. Per fermare quell'invasione l'Unione Europea ha dovuto promettere a Erdogan ben sei miliardi di euro.
Il nuovo ricatto fa ben capire, però, come l'interesse pecuniario fosse solo un obiettivo transitorio in vista di poter utilizzare la comunità turca e la migrazione islamica come pedine di un gioco ben più ampio e ambiguo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.