Gli effetti su export e consumi delle sanzioni inflitte alla Russia spaventano le associazioni di categoria. «Il maggior costo di materie prime ed energia importate potrebbe far crescere il tasso di inflazione fino al 6% nel 2022, determinando minori consumi per 4 miliardi e fino a 11 miliardi nel triennio», avverte Confesercenti. A oggi, osserva invece Confartigianato, l'Italia è quarta per valore di esportazioni sui mercati russo e ucraino dove, nel 2021, ha venduto prodotti per complessivi 9,8 miliardi di euro e ne ha importati per 17,3 miliardi. E risulta in testa ai Paesi Ue per l'export in Russia nelle produzioni di moda con 1,35 miliardi di euro e arredamento (333 milioni).
Nel 2021 l'interscambio con la Russia è stato di 7,7 miliardi di euro di esportazioni e di circa 14 miliardi di euro di importazioni, di cui il 55,3% di petrolio greggio e gas naturale (7,7 miliardi). Per quanto riguarda l'Ucraina, il made in Italy nel 2021 ammontava a 2,1 miliardi di euro, in crescita del 20,6% rispetto al 2019. Ma il quadro che paventano gli artigiani è quello del 2014 con la crisi di Crimea: «Da allora - calcola il centro studi - le sanzioni economiche alla Russia, tra il 2013 e il 2021 hanno fatto calare del 22,2% l'export europeo verso Mosca, con una maggiore penalizzazione dell'Italia (-28,5%). In 8 anni le nostre vendite sul mercato russo hanno accumulato perdite per 24,7 miliardi di euro, pari a 3,1 miliardi di euro medi all'anno. A livello territoriale gli effetti più gravi si sono registrati in Abruzzo (-75,9%), Marche (-59,6%) e Toscana (-40,4%). La moda ne ha risentito per il 41,8%, i macchinari per il 25,8%».
L'impatto più devastante lo subirebbero, per Confartigianato, le micro e piccole imprese: soprattutto alimentari, mobili, legno, metalli che vendono in Russia prodotti per 2.684 miliardi di euro, pari al 34,9% delle nostre esportazioni nel Paese e che coinvolgono Emilia-Romagna, Veneto, Marche, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Lombardia. A partire dai distretti produttivi, la crisi di export e consumi accelererebbe l'inflazione e l'incremento dei tassi bancari. «Un aggravio di 5 miliardi di euro già il prossimo anno e una perdita sulle attese del recupero post pandemia», evidenzia invece Confesercenti che precisa: «A fine 2022 saremo 62 miliardi sotto i livelli dei consumi pre-Covid, con l'inflazione al 6% e 4 miliardi di minore spesa delle famiglie».
La richiesta esplicita della categoria è di definire un periodo di allungamento delle moratorie sui prestiti per limitare costi di materie prime ed energia. La ricaduta sulle dinamiche di crescita del Pil per Confesercenti è già prevista con prospettive cupe: «Si ridurrà nei prossimi tre anni di 24 miliardi, complice anche la ritirata del turismo russo che generava circa 5,8 milioni di presenze, con una spesa stimabile sui 2,5 miliardi».
Altro aspetto significativo la perdita dell'export agroalimentare già stimato in un miliardo che farebbe il paio con l'incremento dell'11% del prezzo del grano: «La guerra commerciale scatenata dai dazi, mette in pericolo il commercio di vino, spumanti,
olio, pasta e caffè - afferma il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini - aggravando ulteriormente gli effetti dell'embargo deciso da Putin nell'agosto 2014». Risposta alle sanzioni decise allora dall'Unione Europea.
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