L'allarme di Mattarella "Troppe turbolenze"

L'impennata dei contagi e l'aggravarsi dell'emergenza sanitaria stanno rapidamente spingendo Giuseppe Conte in un angolo, con tutti i nodi che il premier ha abilmente dribblato in queste settimane che ora vengono al pettine

L'allarme di Mattarella "Troppe turbolenze"

L'impennata dei contagi e l'aggravarsi dell'emergenza sanitaria stanno rapidamente spingendo Giuseppe Conte in un angolo, con tutti i nodi che il premier ha abilmente dribblato in queste settimane che ora vengono al pettine. Così velocemente che anche al Quirinale c'è una certa preoccupazione per le «troppe turbolenze» in corso. Non solo quelle all'interno della maggioranza, con Italia viva che scalpita per un rimpasto, d'intesa con Luigi Di Maio e un pezzo del Pd. Ma anche quelle che stanno coinvolgendo le istituzioni, con le Regioni da giorni sul piede di guerra. Prima la presa di distanza dei governatori di centrodestra sul nuovo Dpcm, poi l'accelerazione di Vincenzo De Luca che ha chiuso le scuole della Campania fino al 30 ottobre. E ieri l'ultimo duello sulle terapie intensive, con il commissario all'emergenza Domenico Arcuri che ha accusato le Regioni di non «aver attivato» ben 1.600 posti letto. Sullo sfondo un premier che, pur continuando a invocare una «nuova coesione nazionale», poco o nulla ha fatto per aprire un canale di confronto con l'opposizione.

Insomma, un quadro per nulla rassicurante. Soprattutto tenendo conto del fatto che la cosiddetta «seconda ondata» era attesa da prima dell'estate e praticamente scontata dai primi di settembre, quando da mezza Europa è iniziata ad arrivare la conferma di una recrudescenza del virus. Eppure, nonostante il fattore tempo giocasse a nostro favore, oggi l'impressione è quella di un Paese impreparato che, esattamente come lo scorso marzo, reagisce all'emergenza improvvisando. Di qui le preoccupazioni del Colle e l'invito a partiti e istituzioni a non muoversi «in ordine sparso», nella speranza che la reazione sia unitaria, come richiederebbe un momento tanto grave.

Invece l'impressione è che le «turbolenze» continueranno. Quelle tra governo centrale e Regioni, ma anche quelle interne alla maggioranza. La questione rimpasto, infatti, aleggia su tutti i distinguo degli ultimi giorni. Con buona pace dell'emergenza sanitaria in corso e nonostante sul Colle pensino che incamminarsi oggi sulla strada di una verifica sia una scelta piuttosto imprudente. D'altra parte, il continuo galleggiare di Conte sta da settimane creando tensioni anche all'interno del Pd, dove iniziano a non gradire l'approccio di un premier che è sempre pronto a mettere la faccia davanti alle telecamere quando gli fa gioco, salvo poi sparire quando c'è da gestire i dossier più divisivi. Dal Recovery al Mes, passando per Alitalia e Autostrade, è lungo l'elenco dei nodi rimasti senza soluzione.

Ed è anche per questa ragione che oggi Conte si trova sotto il fuoco incrociato dei suoi stessi alleati, da Renzi a Di Maio a un pezzo corposo del Pd. Che, non è un caso, ormai da 48 sta invitando pubblicamente il premier a «mettere la faccia» sulla situazione.

Lo ha fatto giovedì il vicesegretario dem Andrea Orlando («Conte si faccia carico di un chiarimento politico») e ha rincarato la dose ieri Dario Franceschini, capo delegazione del Pd nel governo («Conte convochi una riunione per decidere al più presto le nuove misure anticontagio»).

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