L'amara profezia dei vigili: "Quanto vale la nostra vita?"

Poco tempo fa il post sui social per ricordare un collega scomparso. Il capo dei pompieri: «Vittime del dovere»

L'amara profezia dei vigili: "Quanto vale la nostra vita?"

«Quanto vale la vita di un vigile del fuoco?» Nino se lo chiedeva appena pochi mesi fa su Facebook. Era giugno e sul suo profilo aveva condiviso un messaggio per ricordare un collega morto sul lavoro. Oggi il Paese se lo domanda ancora, ma questa volta per lui: una vita davanti e un sogno appena coronato. Antonino Candido, che gli amici chiamavano tutti Nino, è la vittima più giovane di quella maledetta trappola esplosiva. Trentadue anni, si era sposato appena un anno fa, ad agosto con Elena. L'amore di una vita diceva. Sul suo profilo tanti i pensieri per la moglie: «mi ha salvato la vita», scriveva.

Da Reggio Calabria dove era cresciuto, aveva fatto le valigie e si era trasferito al nord, in Piemonte, ad Alessandria con la moglie. Dopo l'istituto di istruzione superiore Righi di Reggio, aveva fatto di tutto per diventare effettivo dei Vigili del Fuoco. Un trasferimento per fare il lavoro dei suo sogni da bambino: diventare come il papà Angelo, anche lui vigile del fuoco. La passione per i viaggi da fare con Elena, in giro per il mondo, i tatuaggi e il basket, ma anche l'amore per i cani, lui e il suo inseparabile pitbull. La coppia ora viveva ad Albenga, in provincia di Savona.

«Vittime del dovere», dice ora commosso il capo dipartimento dei vigili del fuoco Salvatore Mulas. Uomini che danno la vita, come Marco Triches, 38 anni, vigile del fuoco, era diventato padre da tre anni e con la famiglia abitava a Valle San Bartolomeo. Un fratello nella Polizia stradale, aveva oltre al suo lavoro e la famiglia anche un'altra passione quella del teatro, tra l'altro era tra i fondatori della compagnia «Gli illegali». Fotografo oltre che attore, pubblicava spesso sul suo profilo facebook le immagini dei suoi viaggi, ma ci sono anche immagini dedicate al corpo dei Vigili del fuoco, come quelle del terremoto di tre anni fa ad Arquata del Tronto: «Pescara e Arquata del Tronto. Noi siamo ancora qua. Il pensiero va a tutte quelle persone che hanno perso qualcuno o qualcosa» aveva scritto Marco. «Un giovane eroe», raccontano gli amici con gli occhi lucidi. E non lo dicono per dire. Nessuna frase di rito in questo caso, ma fatti concreti: e in paese tutti se lo ricordano quando era partito senza esitazione per andare ad Arquata del Tronto, dopo il terremoto, a scavare a mani nude tra le macerie.

Con Matteo Gastaldo, 46 anni lavoravano insieme da anni. Lui è stato l'ultima delle tre vittime estratta dalle macerie, ieri mattina poco dopo le 8. Sei anni fa circa avevano operato insieme per salvare una donna che aveva tentato il suicidio gettandosi in un pozzo. Il 46enne si era calato mentre il collega lo reggeva con la fune. Aveva coronato il sogno di diventare vigile del fuoco a 37 anni, dopo essere stato per tanto tempo precario. Matteo era molto conosciuto in paese, la sua era una delle storiche famiglie della Val Lemme. Il nonno è stato il fondatore della storica gelateria «Matteo», dal proprio nome, situata nel centro di Gavi nel 1946 insieme alla moglie Colombina. Appassionato di fotografia e di calcio, grande tifoso del Torino, prima di essere assunto in pianta stabile nei Vigili nel fuoco, ha lavorato insieme al fratello Roberto nella gelateria.

Aveva studiato all'istituto alberghiero di Casale Monferrato e di recente aveva partecipato alle operazioni di soccorso per il maltempo nell'Alessandrino. Viveva a Gavi, con la sua famiglia. La moglie e la loro bambina piccola.

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