L'anatema di Bergoglio contro i rimpatri. "È un peccato grave bloccare i migranti"

Il Papa critica le politiche sui clandestini: "Dio è con loro". Esulta il no global Casarini

L'anatema di Bergoglio contro i rimpatri. "È un peccato grave bloccare i migranti"
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Parole nette. Nel suo stile. «Il Signore - spiega papa Bergoglio in udienza - è con i migranti, non con quelli che li respingono». Francesco torna dunque sul tema delle migrazioni e scandisce un discorso che è insieme un'arringa in difesa dei disperati che cercano una briciola di benessere, attraversando mari e deserti, e insieme una requisitoria contro i mercanti di morte e contro quei governi e quei paesi che hanno una sola strategia: mandarli indietro, respingerli, rispedirli da dove sono venuti. Il Papa non perdona coloro che «operano sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave».

Insomma, Francesco non fa nomi, ma la sua meditazione pubblica diventa fatalmente un discorso politico. Che scatena reazioni di giubilo, come quella di Luca Casarini, impegnato, dopo una vita da contestatore, a recuperare i clandestini sulle rotte della speranza. In realtà quello del papa è un ragionamento complesso che indica sì una scelta di campo, doverosa, dalla parte degli ultimi, ma non può essere ridotto a slogan unilaterale. Ce n'è per i trafficanti e per gli organismi sovranazionali che al momento battono l'aria.

Il punto decisivo è sempre lo stesso: è necessario ampliare «le vie d'accesso sicure e regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, violenze, persecuzioni e da varie calamità». Un passaggio su cui è difficile non essere d'accordo e che è nel programma di molti governi, compreso il nostro che sta allargando il perimetro delle migrazioni regolari. Certo, su questa frontiera conta dove si posiziona l'asticella, ma la Chiesa non giudica, esprime un orientamento e una linea da seguire. Perché i poveracci che scappano sono fratelli in Cristo, prima di diventare un problema o, si spera, almeno in certe situazioni, una risorsa.

«Le rotte migratorie - si accalora Francesco - sono spesso segnate da attraversamenti di mari e deserti che per molte, troppe persone, risultano mortali. Per questo, oggi voglio soffermarmi su questo dramma, questo dolore».

Uno scandalo insostenibile che deve interpellare tutte le coscienze. E non può essere misurato sulla bilancia della convenienza. Il pontefice indica dunque il percorso che non passa per leggi più restrittive, militarizzazione delle frontiere, respingimenti, ma appunto per l'allargamento dei posti disponibili in Occidente per chi voglia giocare la propria chance. «Ma questo - prosegue Bergoglio - lo otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle migrazioni, fondata sulla giustizia, sulla fratellanza, sulla solidarietà». Esattamente quello che oggi non c'è, a cominciare da Bruxelles.

Ci vorrebbe un governo mondiale di questi fenomeni. Ed è necessaria la tolleranza zero, senza ambiguità e reticenze, con i trafficanti che controllano l'immigrazione illegale: dobbiamo unire le forze «per fermare i criminali trafficanti che senza pietà sfruttano le miserie altrui». Non c'è un'ideologia terzomondista, semmai un invito a guardare verso il cielo: «Per accompagnare il popolo nel cammino della libertà, Dio stesso attraversa il mare e il deserto, non rimane a distanza, no, condivide il dramma dei migranti, è lì con loro, soffre con loro, piange e spera con loro. Il Signore - è il monito rivolto ai potenti - è con i migranti, non con quelli che li respingono». E Bergoglio aggiunge una frase che verrà tirata di qua e di là: «Pensate a Lampedusa, pensate a Crotone».

«Papa Francesco con le sue storiche parole - esulta Casarini - ci invita a non avere paura. Parla, senza mediazioni, di quella che è la realtà e di quella che è la verità.

Una verità fatta di oltre mille morti dall'inizio dell'anno nel Mediterraneo centrale». Per monsignor Gian Carlo Perego «quello del Papa è un messaggio anche a chi sta facendo la politica dei respingimenti, a chi sta facendo accordi per la morte e non per la vita».

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