Casalino, l'antigiornalista che solo Conte vuole a Palazzo

Dalle dirette Facebook senza contraddittorio alle peripezie per accreditarsi alle conferenza stampa del premier. Ma ora la crisi di governo potrebbe segnare la fine del "metodo Casalino"

Casalino, l'antigiornalista che solo Conte vuole a Palazzo

Rocco Casalino dà del tu ai colleghi ma non li ama. I giornalisti, siano vicini o lontani, utili o rompiscatole, sono comunque un peso. Non sempre riesce a frenare la sua irritazione. È un ricordo non ancora sbiadito il suo sibilo contro Salvatore Merlo del Foglio: "Adesso che il tuo giornale chiude che fai? Mi dici a che serve il Foglio? Non conta nulla... Perché esiste?". I rapporti tra il portavoce del premier dimissionario ed i media non sono mai stati buoni.

Quando era ancora capo della comunicazione del Movimento 5 Stelle scrisse una lettera al fulmicotone a Daria Bignardi, conduttrice delle prime stagioni del Grande Fratello e moglie di Luca Sofri, figlio dell’ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri, condannato per l’omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi. "Come si sente tuo figlio a scuola ad avere il nonno mandante di un assassinio? Come è l’aver sposato il figlio di un assassino?".

Rocco è incavolato con il mondo dello spettacolo che gli ha voltato le spalle. Sognava un futuro nel piccolo schermo ma dopo l’esperienza effimera del Grande Fratello si ritrova ai margini dello showbiz. Scommette sul giornalismo e non riesce a sfondare. Rocco ha un demone che lo tormenta. Vuole apparire. Vuole esserci e contare qualcosa. La sua rivincita se la prende entrando nel Movimento del "vaffa". Beppe Grillo lo prende in simpatia e Gianroberto Casaleggio gli dà fiducia arruolandolo nella comunicazione.

Casalino si fa strada con la stessa abilità con cui ha scantonato le nomination nei giorni di permanenza nella Casa. È lui il regista e sceneggiatore del grande format grillino. È lui che gestisce le apparizioni pubbliche dei peones decidendo chi, come, quando e perché. Le dinamiche sono le stesse di quando era a Cinecittà: "Ho gestito tutte le nomination, infatti non sono mai stato nominato fino all’ultimo giorno. Spiegavo agli altri concorrenti come votare e loro eseguivano". La sua megalomania raggiunge l’apice con l’arrivo a Palazzo Chigi. Lì non trova un premier bensì materia grezza da plasmare.

La pandemia è l’occasione per diventare l’interprete unico del "contismo". I media tradizionali vengono tagliati fuori. Conte li salta a piè pari rivolgendosi direttamente alla rete per annunciare la raffica di Dpcm che dallo scorso marzo hanno ridisegnato il perimetro delle nostre esistenze. Veri e propri discorsi alla nazione che si tengono sul profilo Facebook del premier e inizialmente non prevedono contraddittorio né alcun tipo di intermediazione.

Si crea il caos. Quello che dice il premier lo capiscono in pochi. Alla fine di ogni diretta sono più i punti interrogativi che le certezze. Difficile sbrogliare la matassa delle nuove regole se non si possono domandare chiarimenti, ma evidentemente la strategia non è quella. "Fonti di Palazzo Chigi" si beano del record europeo raggiunto dalle dirette social. Conte batte Salvini nella guerra dei like e per le spiegazioni c’è tempo.

Inutile cercare risposte sul giornale del giorno dopo. Talvolta le apparizioni del premier arrivano ad ora così tarda che le redazioni non fanno nemmeno in tempo a mandare in stampa una "breve". La diretta con cui Conte ha annunciato la serrata delle attività commerciali, ad esempio, è andata on line alle 23,25. La misura è colma e gli operatori dell’informazione cominciano a protestare invocando correttivi.

Di acqua sotto i ponti nel frattempo ne è passata, le conferenze stampa hanno ricominciato "persino" a svolgersi in presenza, ma l’informazione non l’ha ancora spuntata. Per accreditarsi al cospetto del premier non basta un tesserino sudato che certifichi il diritto a svolgere il proprio lavoro. Bisogna partecipare ad una specie di click day. Vince il "grilletto" più veloce. La chiamata alle armi arriva all’improvviso. Via mail, preceduta da voci vaghe che si rincorrono nei giorni prima.

Conte dovrebbe parlare. Sì, ma quando? Boh. Se chiami la sala stampa ti dicono di aspettare. Di non saperne nulla. Bisogna fissare la casella di posta elettronica per ore, addirittura giorni, in attesa di un segnale. Meglio allenare i polpastrelli perché nella magione del presidente del Consiglio i posti in palio sono sempre pochissimi. Non più di dodici quando l’evento si svolge all’aperto e appena otto quando è al chiuso.

Location, quest’ultima, che viene preferita nonostante la mitezza dell’autunno romano. Gli accrediti sono assegnati "in ordine temporale". Significa che il posto c’è solo per chi riesce ad inviare la propria prenotazione in una manciata di secondi. Per fare una domanda, invece, il cerchio si stringe ancora di più. Il format è rigidissimo: solo i primi quattro "concorrenti" hanno diritto di parola.

Rocco Casalino conduce lo spettacolo, nominando i pochi che si avvicendano al microfono. È concessa solo una domanda. Guai a chiedere qualcosa in più.

La collega di AdnKronos che ha avuto l’ardire di chiedere più lumi si è sentita rispondere dal premier: "Accidenti quante domande". Ecco perché se sull’altare del Conte ter dovesse essere sacrificato il "metodo Casalino" il mondo dell’informazione tornerebbe a respirare.

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