Continua a ripetere che no, non ha alcuna intenzione di creare un partito ma vuole soltanto fare politica «uscendo dagli schemi tradizionali». La differenza è sottile e, soprattutto, si perde nell'equivoco visto che disegnare i confini di quello che è oggi un partito e di quali possano essere i modelli tradizionali non è per nulla facile. Maurizio Landini lo sa bene. Anzi, è proprio su questa ambiguità che gioca il segretario della Fiom per restare a metà del guado e utilizzare il sindacato a suo uso e consumo.
L'operazione è ormai in fase avanzata e difficilmente riusciranno a farlo desistere le ritrosie della stessa Cgil. Susanna Camusso, infatti, non l'ha presa per nulla bene, tanto che ieri ha voluto mettere in chiaro di non essere stata informata dell'iniziativa Coalizione sociale . Inutile, insomma, aspettarsi da Landini passi indietro. D'altra parte, il leader della Fiom sa bene di essere molto efficace, soprattutto in televisione. Al punto che i talk show del prime time se lo contendono e lui se la gode, tanto che - ironizzano i suoi detrattori nel sindacato - è stato ospite di tutte le reti con la sola eccezione di Rai YoYo . Ieri, per dire, è stata la volta di In 1/2 ora su RaiTre, trasmissione nella quale ha ribadito quasi fosse un mantra che non vuole «né fare politica né uscire dal sindacato». Di più: chi descrive il lancio della sua Coalizione sociale come una «operazione politica» è «in malafede». Con buona pace della Camusso.
Landini, dunque, tira dritto. E sembra ripercorrere le orme di un suo noto predecessore. Come il leader della Fiom sta cercando di riunire sotto l'ombrello della Coalizione sociale associazioni come Emergency, Arci e Articolo 21, allo stesso modo Sergio Cofferati strizzò l'occhio a lungo ai girotondi. Fu anche grazie a loro che nel 2002 l'allora segretario della Cgil riuscì a portare al Circo Massimo 700mila persone (tre milioni secondo gli organizzatori) contro la modifica dell'articolo 18. Alla piazza - ovviamente con numeri diversi - guarda anche Landini che il 28 marzo sfilerà contro il Jobs Act. Ma le similitudini non finiscono qui se pure Cofferati è andato avanti per anni a giurare che lui no, in politica non sarebbe mai entrato. Con tanto di ritorno da «quadro» alla Pirelli quando nell'ottobre 2002 lasciò la segreteria Cgil a Guglielmo Epifani. I buoni propositi, però, durarono poco.
Il tempo di essere eletto sindaco di Bologna nel 2004, parlamentare europeo nel 2009 e 2014 e infine correre alle primarie del Pd per la scelta del candidato governatore della Liguria. Storia recente di un sindacalista che non voleva far politica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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