L'assist a Cospito: "Sì alle attenuanti"

La Consulta apre allo sconto di pena per l'anarchico: illegittimo il divieto del giudice

L'assist a Cospito: "Sì alle attenuanti"

Il 41 bis resta, ma l'impalcatura che lo sorregge rischia di venire giù. Certo, per Alfredo Cospito la notizia che arriva dalla Corte costituzionale può essere letta come una vittoria. La Consulta colpisce infatti la pena rigida dell'ergastolo, stabilendo l'incostituzionalità della norma che impedisce di considerare prevalenti le attenuanti davanti all'aggravante della recidiva quando c'è in gioco l'ergastolo. Sembra una questione molto tecnica ma questa pronuncia porterà fatalmente Cospito lontano dalla prospettiva del carcere a vita. E con una pena più bassa anche il 41 bis, che pure ha altre finalità, vacilla.

L'anarchico, protagonista di un interminabile sciopero della fame che va avanti da 180 giorni, era stato condannato a 20 anni per l'attentato alla scuola allievi Carabinieri di Fossano nel 2006. Un attentato che non provocò per fortuna morti e feriti e questo lascia già intendere lo spazio di manovra aperto dalla Consulta con la sua decisione. La Cassazione infatti aveva riformulato il reato indicando la strada della strage che porta dritto all'ergastolo, anche se non c'è stato spargimento di sangue. Dunque, davanti alla corte d'assise d'appello di Torino gli avvocati del l'anarchico impegnato in una battaglia apparentemente senza ritorno contro lo Stato sollevano una questione di legittimità costituzionale. Così, si schiaccia il detenuto verso una pena altissima e alla fine sproporzionata. Come si vede il carcere duro non c'entra niente, ma chiunque può capire che una pena di vent'anni è altra cosa da una con fine pena mai.

Certo, il 41 bis è motivato dal rischio che l'anarchico possa comunicare con l'esterno e mettere in moto altri aspiranti terroristi. Però è anche vero che il regime più asfissiante, disposto da Marta Cartabia e confermato da Carlo Nordio, rappresenta un'eccezione nel panorama di camorristi e mafiosi sepolti da centinaia di anni di carcere e appartenenti a organizzazioni strutturate come Cisa nostra. Insomma, il caso Cospito è diventato una battaglia simbolica ben oltre i confini, se così si può dire, di una realtà giudiziaria più contenuta, anche se non da sottovalutare.

Ora la Consulta sbarra la via di un ergastolo che sembrava a questo punto scontato e ridimensiona il suo profilo criminale. Il tutto con un ragionamento squisitamente giuridico che offre però una lettura anche politica. «Il carattere fisso della pena dell'ergastolo - scrive la Consulta - esige che il giudice possa operare l'ordinario bilanciamento fra circostanze aggravanti e attenuanti». Ma il bilanciamento era bloccato in situazioni come quella del «recidivo» Cospito, regolate dall'articolo 99, quarto comma del codice penale. Ora quel comma non c'è più, la pena di Cospito non salirà e il suo legale può cantare vittoria anche se è un successo in una battaglia ancora lunga e complessa. «Finalmente - esulta l'avvocato Flavio Rossi Albertini - una buona notizia. La decisione di oggi restituisce finalmente dignità alle questioni giuridiche sottese alle vicende umane, non ultima quella di Alfredo Cospito».

Oggi il legale si incontrerà con il suo assistito che d'altra parte sta conducendo in modo articolato il suo sciopero della fame e ha già dato l'impressione di voler forse rinunciare a questa partita sul filo della morte. «Non si alimenta - prosegue Rossi Albertini - con pasta, pesce e carne da 180 giorni». Insomma, la lontananza dal cibo non è così totale e sicura come potrebbe sembrare, ma obiettivamente siamo sempre sull'orlo del precipizio: «Non avremmo mai pensato che sarebbe giunto vivo al 18 aprile. Ma ha perso la capacità di deambulare, non muove più un piede e ha perso 50 chili».

Una sfida sempre più temeraria che oggi trova forse una ragione per tornare indietro. Il 41 bis rimane, ma il contesto cambia e Cospito può intestarsi il passaggio davanti alla Consulta che, fatti i debiti paragoni, vale più di una sentenza. Se non altro perché d'ora in poi si applicherà a tutti e non solo a lui.

In futuro, come chiarisce la Consulta, «il giudice dovrà valutare caso per caso se applicare l'ergastolo oppure, laddove reputi prevalenti le attenuanti, una diversa pena». Potrebbe pure bastare per riprendere la vita di prima.

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