Leonardo Tricarico è uno dei più celebri ex generali italiani. È stato capo di Stato maggiore dell'Aeronautica, ha pilotato per migliaia di ore i caccia italiani, ha guidato le nostre forze armate durante la guerra dei Balcani. È stato consigliere di D'Alema e di Berlusconi.
Generale, sembra che tra Israele e Iran il conflitto sia inevitabile. Cosa si rischia?
«L'Iran di certo risponderà all'affronto ricevuto: è inevitabile. Israele ha colpito il suo onore uccidendo Haniyeh, cioè un ospite di quel rango che tratteneva con l'Iran rapporti di familiarità ed era lì per partecipare alla cerimonia di insediamento del nuovo capo del governo. Ci sono tutti gli elementi per la rappresaglia. L'Iran, anche volendolo, non può in nessun modo passare sopra a uno smacco così grande».
Quindi vendetta?
«Mi pare che oltretutto la vendetta sia stata già annunciata dalla guida suprema. Non vedo come si possa pensare a una marcia indietro».
Ma lei che tipo di rappresaglia prevede?
«Valutando tutte le opzioni che Khamenei ha in mano, quella di un attacco aereo è l'unica che può comportare un danno a Israele proporzionale all'offesa subita».
Ma avrà successo?
«Che abbia successo o no è un fatto secondario, come è stato un fatto secondario l'insuccesso della rappresaglia del 13 Aprile».
Allora però l'attacco dell'Iran fu annunciato. Questo favorì Israele?
«Così dissero i media. Ma è una cosa non vera. I giornali scrissero che siccome Teheran aveva avvisato dell'attacco, per Israele fu facile fronteggiarlo. Non è così. Sapere o no che arriverà l'attacco ormai è una cosa che cambia molto poco. Perché il sistema di difesa è allertato e ben collaudato, e il preavviso non fornisce un vantaggio significativo».
Qual è la reale potenza militare dell'Iran?
«È molto modesta. Se parliamo di tutte le componenti che danno a una potenza militare una capacità completa, siamo a livelli molto bassi. Se invece parliamo di una sola componente, che è quella missilistica (parlo soprattutto dei droni), siamo a livelli meno modesti ma sempre non letali per un Paese come Israele».
Quindi il danno sarà modesto?
«Comunque vada, il danno che Israele dovrà accollarsi sarà un danno gestibile».
È vero che gli americani stanno cercando di mediare?
«C'è un'indiscrezione apparsa su un quotidiano statunitense che dice che ci sarebbe stato in una base aerea iraniana un incontro tra una delegazione di medio livello americana e una delegazione iraniana».
Con quali risultati?
«Gli americani avrebbero offerto un allentamento delle sanzioni in cambio di una moderazione nella risposta a Israele. Quanto siano andati a buon fine è tutto da vedere. Io comunque penso che l'Iran non voglia una guerra totale ad alta intensità con Israele».
Che peso possono avere gli americani per fermare Netanyahu?
«Con i metodi di moral suasion rafforzata non sono in grado di fermarlo. Chi può fermare Netanyahu sono i radicali che fanno parte del suo governo. Solo loro».
L'Iran è collegato alla Russia?
«Sicuramente si. Ed è verosimile che la Russia stia mandando degli aiuti».
Gli italiani in Libano rischiano?
«Secondo me no. Non c'è un rischio elevato. Quello di Israele, qualunque cosa accada, resta un esercito che conosce le regole e le utilizza».
Però a Gaza...
«Nel caso di Gaza. Israele non si è potuto sottrarre perché c'erano le vittime civili».
Ma la vera posta in gioco, qual è?
«Tutto è iniziato come reazione all'attacco del 7 Ottobre. E quel l'attacco aveva uno scopo: interrompere la distensione tra Israele e alcuni Paesi arabi».
Oggi sembra che le decisioni della guerra siano nelle mani dei politici e non dei militari. È più pericoloso?
«Abbiamo visto molti esempi di militari che hanno tentato di fare prevalere il buon senso rispetto a decisioni politiche che agivano in senso contrario: da incendiari, da irresponsabili».
Un esempio?
«Tanti. Il capo di stato maggiore delle forze armate americane che mise in guardia Biden. O il capo di stato maggiore ucraino che disse a Zelensky: Non ci sono le condizioni per continuare. Oppure Gantz, in Israele, che senza l'autorizzazione di Netanyahu è andato negli Stati Uniti a cercare una mediazione».
L'Europa può giocare un ruolo o è del tutto fuori?
«L'Europa in quanto tale in questo campo non esiste. L'Europa si occupa della lunghezza delle zucchine. Una politica estera comune non ce l'ha».
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