Matteo Renzi lancia il pallone nella metà campo di Pd e M5S. Al termine delle consultazioni con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il leader Iv silura Giuseppe Conte e pone una condizione agli ex alleati: il riconoscimento politico. Sbarra la strada a un reincarico per il premier dimissionario. Lasciando aperto lo spiraglio solo a un mandato esplorativo. È una partita di tennis tra Renzi e i giallorossi. Il senatore di Rignano spedisce la pallina nell'altra parte del campo: «Abbiamo sentito mai più con Iv, non più con Iv, poi Iv è irresponsabile e inaffidabile. Noi pensiamo sia inaffidabile chi non vuole affrontare adesso la questione dei prossimi anni. Non siamo né inaffidabili né irresponsabili ma molto chiari e diretti: abbiamo sentito parole su di noi al limite dell'insulto. Vogliamo sapere dalle altre forze se ritengono Iv parte o non parte della maggioranza. Rimettiamo la valutazione a chi in queste settimane ha messo veti su noi. Noi abbiamo posto dei temi, tra cui anche il Mes ma non abbiamo detto prendere o lasciare, vogliamo discuterne però, e su questo non c'è stata risposta». Ecco la vendetta che spiazza gli ex alleati: le scuse pubbliche. Il refrain non cambia dopo il colloquio (il primo) al Quirinale: «Non poniamo veti sul nome ma sul programma». Renzi finge di tenere il premier sulla graticola: «Credo che dobbiamo adeguarci all'adagio latino Nomina sunt consequentia rerum, ovvero i nomi sono conseguenti alle cose. Non abbiamo fatto il nome di Conte perché riteniamo che siamo in una fase precedente: vogliamo capire se Iv è una forza politica le cui idee servono o non servono. Abbiamo subito 15 giorni di fango per aver posto i contenuti e non abbiamo risposto con la guerra del fango abbiamo detto parliamo di contenuti poi si parla di nomi e in quella sede diremo quali sono per noi i nomi». Ma l'ha già mollato. La conferma arriva in serata: «Non siamo ancora disponibili a un governo con Conte, perché Conte dal 17 dicembre in poi non ha mai sentito l'esigenza di sentire Iv. Ha sentito Renzi oggi pomeriggio salendo le scale del Quirinale. Non si può governare in situazione di crisi senza avere idee chiare su cosa fare» dice Ettore Rosato al programma Porta a Porta. Renzi ha in mente un altro progetto: la nascita di un esecutivo politico (o del Presidente) con un nuovo inquilino a Palazzo Chigi. Si riserva, comunque, l'extra ratio: Conte ter e Iv quarta gamba della maggioranza. Renzi, prima di salire al Colle con la delegazione Iv, composta da Teresa Bellanova, Maria Elena Boschi e Davide Farone, riceve la telefonata del capo dell'esecutivo. «Non c'è un problema personale ma politico», spiega Renzi al premier. Mettendo agli atti «l'indisponibilità di Iv per a incarico a Conte. Qualche spiraglio per un mandato esplorativo. Prima di tutto c'è da chiarire politicamente se c'è maggioranza. Nel caso non ci sia a noi va bene un governo del presidente. Se c'è, Pd e Cinque stelle devono chiedere l'impegno a Italia viva. E allora si discute sui contenuti». Il rottamatore gioca su due tavoli: governo politico o istituzionale. «Noi preferiamo un governo di natura politica piuttosto che istituzionale ma siamo disponibili anche a sostenere un governo istituzionale se è l'unica soluzione», puntualizza il senatore Iv. Allontanando l'ipotesi del voto anticipato: «Un errore». In mattinata, Renzi sposta il bersaglio degli attacchi da Conte al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: «In Parlamento non c'è più una maggioranza giustizialista. Altrimenti Bonafede oggi avrebbe ottenuto voti in Senato». Il primo atto si chiude oggi. Le trattative vanno avanti. Renzi usa Maria Elena Boschi e Teresa Bellanova per sparigliare le carte. Boschi lancia l'ex premier Paolo Gentiloni, di cui è stata sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Provando a tirare per la giacca Mario Draghi. Ma è un bluff. Una voce messa in giro dai renziani. La senatrice Bellanova ipotizza un governo Di Maio. Ma il ministro degli Esteri non si fida del corteggiamento del rottamatore.
Sono depistaggi, mosse per aprire varchi nel fronte Pd-Cinque stelle oggi fermo sul lodo Bettini: «Conte o voto». Linea che può reggere solo al primo giro di consultazioni. Al secondo, Renzi lo sa bene, Pd e Cinque stelle (se salta Conte) devono ingranare la retromarcia.
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