Lealtà incrollabile e assalto al sistema: la vendetta di Trump che ribalterà gli Usa

Gli uomini scelti e la missione: ripulire le istituzioni che lo hanno perseguitato

Lealtà incrollabile e assalto al sistema: la vendetta di Trump che ribalterà gli Usa
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Fedeltà personale assoluta a Donald Trump e condivisione del suo disegno di ripulire dagli avversari politici le istituzioni che a suo dire lo hanno perseguitato. Sono queste le principali motivazioni che stanno guidando il presidente eletto degli Stati Uniti nella scelta dei personaggi che comporranno la nuova Amministrazione. Motivazioni radicali ma coerenti con il mandato che la maggioranza degli elettori americani ha affidato a Trump per agire in questo senso.

Alcune di queste scelte, in particolare quella annunciata ieri del deputato della Florida Matt Gaetz a ministro della Giustizia, sanno di aperta provocazione. Perfino all'interno del partito repubblicano Gaetz suscita imbarazzi, a partire dalle circostanze della sua nomina proprio alla vigilia di una riunione del comitato etico d'investigazione della Camera dei Rappresentanti, che avrebbe dovuto giudicarlo su temi che andavano da reati sessuali a corruzione a vari livelli: ma Gaetz si è dimesso subito dopo la nomina e tutto finirà in una bolla di sapone. Rimane il fatto che le competenze legali di Gaetz appaiono inadeguate, mentre la sua condivisione dell'assunto di Trump secondo cui la giustizia Usa ha lavorato per rovinarlo è totale.

Come tutte le altre nomine annunciate da Trump, anche quella di Gaetz dovrà passare per l'approvazione del Senato, dove (come alla Camera) i repubblicani hanno conquistato la maggioranza assoluta, ma con un livello di fedeltà verso il presidente eletto più incerto. La recente votazione (a scrutinio segreto) del moderato John Thune a capogruppo dei senatori Gop ne è la prova, ed è probabile che certe nomine provocatorie siano un modo per Trump di mettere alla prova i suoi senatori: vorrà costringere coloro che oggi considerano «scioccante» o «non seria» la scelta di Gaetz, come già quella dell'anchorman della tv filo-Trump Fox News Pete Hegseth a Segretario alla Difesa, a sfidarlo (rischiando di essere linciati dagli elettori che li hanno mandati a Washington) o ad allinearsi. E toccherà proprio a Thune, sotto l'occhio vigile del presidente, metterli in riga.

Se la nomina di Gaetz conferma la volontà di Donald Trump di vendicarsi dei suoi nemici politici con l'arma del potere giudiziario, quella di Hegseth semina inquietudine tra i generali americani. Le posizioni apertamente anti Nato di questo fedelissimo alfiere televisivo del trumpismo fanno temere che il prossimo presidente intenda mettere in pratica le sue linee isolazioniste indicate in campagna elettorale, che potrebbero sfociare nello scioccante abbandono del ruolo americano degli Stati Uniti come alleato protettore degli europei. Ma anche il lavoro di Joe Biden per costruire una «Nato dell'Indo-Pacifico» in Estremo Oriente potrebbe finire liquidato, insieme con una strategia di contenimento della Cina che includa la difesa armata di Taiwan.

E mentre alla Cia arriva il fedelissimo John Ratcliffe, c'è l'annunciata nomina della ex democratica Tulsi Gabbard, oggi convertita in pasionaria del trumpismo, al vertice di quell'intelligence federale (già diretta da Ratcliffe) che il presidente eletto accusa di aver lavorato al servizio dei democratici per farlo fuori politicamente. Fin troppo facile immaginare quale sarà il suo principale compito.

Non tutte le nomine di Trump sono estremiste o provocatorie, ad esempio quella di Marco Rubio alla Segreteria di Stato sembra una dimostrazione di buon senso, oltre alla volontà di premiare i «latinos» che hanno reso

possibile la sconfitta di Kamala Harris. E poi naturalmente c'è Elon Musk, il cui ruolo ad personam meriterebbe un ampio capitolo a parte, ma di cui si è già fin troppo trattato. Certamente il Grande Normalizzatore sarà lui.

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