Macerie, morte, distruzione, strade, case, interi quartieri travolti dal fango. Il numero delle vittime per le inondazioni causate dal ciclone «Daniel» che si è abbattuto nell'est della Libia, in Cirenaica, potrebbe superare la soglia dei 10mila solo a Derna. La città, 90mila abitanti, è stata travolta dalle piogge torrenziali e dal crollo di due dighe, un fiume di acqua e fango ha trascinato in mare un pezzo dell'abitato. L'alluvione ha colpito anche Bengasi, Soussa, Al Bayda e Marj con temporali e venti fino a 180 chilometri orari. Le precipitazioni hanno superato i 400 millilitri all'ora, una cifra mai registrata negli ultimi quattro decenni. Gli allagamenti hanno sommerso le case e il vento continua a devastare le strutture.
Le autorità libiche parlano di oltre 3mila morti e più di 6mila dispersi. La Croce Rossa riporta i dati del responsabile della delegazione libica: «Le sue fonti parlano di circa 10mila dispersi» E Ali al-Gatrani, vice primo ministro del governo nell'est, ha chiesto alla comunità internazionale di intervenire «con urgenza» nella città di Derna, la più colpita, bloccata via terra, priva di elettricità e comunicazioni e «zona disastrata». Gran parte di Derna infatti è sott'acqua dopo il crollo delle due dighe e di quattro ponti che ha liberato oltre 33 milioni di metri cubi d'acqua. Il primo ministro, Osama Hammad, ha annunciato due giorni di stop sul lavoro per tutti i settori dell'est del Paese, ad eccezione dei servizi di sicurezza, sanitari e di emergenza. «Migliaia di persone sono disperse, interi quartieri sono scomparsi, insieme ai loro residenti spazzati via dal mare», ha raccontato Hammad. «Sono rimasto scioccato da quello che ho visto, è come uno tsunami», ha esordito invece Hisham Chkiouat, ministro dell'aviazione e membro del comitato di risposta alle emergenze del governo con sede nell'est del Paese. Oltre alle aree orientali, anche la città occidentale di Misurata è stata tra quelle colpite dalle inondazioni.
«Il bilancio delle vittime della tempesta in Libia è enorme», ha avvertito Tamer Ramadan della Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. E si prevede che il bilancio dei morti aumenterà drammaticamente. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani è intervenuto e ha precisato che «al momento non ci risultano italiani coinvolti». E ha poi aggiunto: «Una squadra è già in partenza coordinata dalla nostra protezione civile». Alla tempestività degli aiuti si è aggiunta anche la preoccupazione di Tommaso Della Longa, portavoce della Croce Rossa Internazionale: «La situazione è complicatissima. C'è bisogno di tutto, di cibo, di acqua potabile, che ovviamente in questo momento manca, di un riparo sicuro per le persone». L'amministrazione orientale della Libia ha fatto sapere che accetterà l'aiuto del governo di Tripoli, che ha inviato un aereo con 14 tonnellate di forniture mediche, sacchi per cadaveri e più di 80 medici e paramedici. L'inviato speciale degli Stati Uniti in Libia, Richard Norton, ha confermato che pure Washington invierà soccorsi. Così anche Egitto, Germania, Iran, Qatar e Turchia.
Intanto anche in Marocco la conta dei morti per il terremoto non si ferma. In molte località del Paese si continua a scavare tra le macerie, anche se le probabilità di salvare vite umane sono ormai quasi nulle. E Marrakech torna poco a poco alla normalità. Nonostante sia un'ecatombe. È di 2.901 morti l'ultimo bilancio. A questi si aggiungono 5.530 feriti. I decessi hanno raggiunto quota 1.643 solo nella provincia di Al Haouz, la più colpita.
Qui le squadre di soccorso stanno ancora tentando di raggiungere i villaggi più remoti, mentre le forze armate hanno allestito ospedali da campo e sorvolato le vette con elicotteri nel tentativo di distribuire aiuti e trasportare i feriti. Ieri il re Mohammed VI dopo giorni di silenzio ha fatto visita ai terremotati ricoverati in ospedale e donato il sangue.
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