Muti alla fiaccolata silenziosa, sistemati in fondo e quasi abusivi. Volevano esserci ma non avrebbero mai voluto essere lì. Si sono portati alla «processione» dolente per Giulia (basta il suo nome) allo stesso modo in cui si portano ovunque da giorni: con un piede avanti all'altro e poca direzione, storditi da tutto. Domenica sera i genitori di Filippo Turetta erano a Vigonovo tra le tremila persone che si sono unite alla veglia in ricordo della 22enne uccisa da loro figlio.
Andrea Cecchettin, lo zio di Giulia, è andato ad abbracciarli strappandoli dallo strazio e dagli sguardi. «Ho abbracciato il papà di Filippo, un gesto che lui ha voluto fare lontano dalle telecamere. Lo avevo invitato per farci sentire uniti in questo dolore: noi per la perdita di Giulia, loro nella sofferenza di un figlio che ha provocato una perdita grande.
La famiglia non c'entra, non è colpa dei genitori, questo è quello che penso io» ha spiegato Andrea. «Sono due persone provate con un dolore enorme, forse con un dolore più grande del nostro, ma non sono loro che hanno fatto male a Giulia. Adesso il perdono per Filippo non lo sento, sento pietas per la famiglia perché sono anche loro vittime del figlio».
All'incontro ha assistito il legale di Filippo, Emanuele Compagno e ha raccontato che si è trattato di «un incontro privo di formalismi che dimostra ancora la vota la grande dignità dimostrata in questa vicenda dalle due famiglie, tutto si è svolto nel rispetto reciproco, così come nei giorni precedenti ed anche dopo il ritrovamento di Giulia».
Per guardare negli occhi e il padre e la sorella della ragazza, per andarli a trovare «dovrà trovare il coraggio» ha detto Nicola Turetta.
Che ha voluto spiegare anche le parole pronunciate sul suo figlio e fraintese da molti: «Non ho mai detto» ha spiegato «che avrei preferito che Filippo fosse morto. Temevo che facesse un gesto disperato. Avrei solo voluto andare a riprenderli tutti e due vivi. Ma è mio figlio e devo dargli forza, la vita deve andare avanti, spero di vederlo».
Si era dannato in cerca di risposte anche subito dopo il ritrovamento del corpo di Giulia e dopo l'arresto del figlio: «Bisogna capire come abbia potuto fare una cosa così un ragazzo a cui abbiamo cercato di dare tutto quello che potevamo dare. Ho sempre pensato fosse il figlio perfetto, mai problemi a scuola, nessun litigio con i compagni, neppure con il fratello... non è concepibile trovarmi in una cosa del genere, gli è scoppiato qualcosa nel cervello».
Invece non sente più niente il papà di Giulia. Ha detto che tutta quella gente attorno a lui domenica sera sì, gli «è arrivata al cuore» e che non smetterà mai di ringraziare. Ma non riesce a sentire niente «non provo più nulla: né odio, né rabbia per Filippo, penso alla mia Giulia che è andata e non c'è più. Non provo odio. Spero viva a lungo in modo da capire quello che ha fatto» ha detto ai giornalisti Gino Cecchettin straziato e dignitosissimo. Vuoto: nell'espressione, nei gesti, nelle guance scavate da dentro. Ha ragione, quello che vorrebbe non ce lo ha più e non la avrà più. Tutto il resto gli sembra lontano, sullo sfondo.
Anche quel contatto, tramite messaggio Whatsapp, che pare gli sia stato inviato da
Nicola Turetta. Quelle parole difficili sul display nelle quale esprimeva «la massima partecipazione al loro dolore, e una forte vicinanza» chiedendo «perdono» e aggiungendo che «Filippo dovrà pagare quel quello che ha fatto».
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