“Non mi permetterei mai di mettere in discussione la linea e la leadership del nostro segretario Matteo Salvini. Ma non siamo in una caserma, e ritengo giusto testimoniare una sensibilità diversa sulla guerra in Ucraina”. Vito Comencini è uno dei tre deputati della Lega che alla Camera ha votato contro la parte della risoluzione del governo che riguarda l’invio di armi e munizioni all’Ucraina invasa dalla Russia di Vladimir Putin. Consigliere comunale a Verona, sposatosi nel 2019 nella Basilica di Santa Caterina a San Pietroburgo, segue da anni le vicende delle repubbliche separatiste del Donbass. “È logico che chi, come me, ha una conoscenza diretta abbia anche una sensibilità differente. A maggior ragione ho votato a favore degli aiuti umanitari e alle imprese”.
Ma non sugli aiuti militari. Perché?
"Le motivazioni sono due. La prima è che ho avuto modo di toccare di persona per due volte la tragedia del Donbass, e perciò sono molto critico verso l’idea di fornire dotazioni belliche a uno dei due contendenti. So quanto ha già sofferto il popolo del Donbass e quindi comprendo ora la sofferenza del popolo ucraino. La seconda è che non può esserci altra soluzione che quella della diplomazia e del dialogo".
Putin, però, ha invaso l’intera Ucraina dopo aver riconosciuto le repubbliche del Donbass.
"La questione è molto complessa. Non è una partita di calcio, ci vuole un’analisi molto profonda. Io ho conosciuto le vittime della guerra, che sono state migliaia, in quei territori in continua tensione negli ultimi otto anni. Le radici di questa guerra sono molto più profonde di quel che è successo negli ultime settimane. Certo, ora è avvenuta una escalation, ma il conflitto di oggi non è slegato dagli otto anni precedenti, e soprattutto da quel che è successo nel 2014. Io sono stato a Donestsk, ho visto l’aeroporto distrutto, le case bombardate, come vivevano gli ucraini di lingua russa".
Per lei siamo di fronte alla coda di uno scontro iniziato allora?
"Più che la coda, è la conseguenza. Sicuramente è collegato. Adesso la priorità è fermare in tutti i modi le armi. Sono in corso le trattative in Bielorussia, è quella la strada maestra. Con le diplomazie che devono tenere in considerazioni le varie questioni sul campo".
Da parte dell’Europa e dell’Italia sono state decise le sanzioni, oltre alla fornitura di armamenti.
"Il capo del suo partito, Salvini, ha proposto di recarsi di persona a Kiev, come gesto simbolico. Quali dovrebbero essere i fatti concreti su cui intavolare il negoziato, per lei? Si possono trovare solo negli accordi con il supporto diplomatico degli altri Paesi".
Come? Il ministro degli esteri Luigi Di Maio ha paragonato Putin a un “animale”.
"Ecco, non condivido assolutamente il metodo e il linguaggio in cui si sta muovendo Di Maio. Non è quello il modo per trovare una soluzione pacifica".
Nel Movimento 4 Stelle è nato il caso di Vito Petrocelli, presidente della commissione Esteri del Senato, che sulla risoluzione ha votato in dissenso rispetto ai suoi. Nella Lega, come in Forza Italia dove pure ci sono stati dissenzienti, questo non è avvenuto. Come si concilia la sua scelta con la linea leghista?
"Per me è una questione di giustizia e di verità. Ho anche parlato con amici, anche parlamentari, ucraini, e ho un quadro completo delle varie ragioni. Non siamo in una caserma, non siamo delle macchine. Dopodichè, cerchiamo sempre di trovare una sintesi e di lavorare assieme".
Non teme reazioni nel suo partito?
"Non mi pongo il problema. Siamo un gruppo compatto su tante battaglie e abbiamo la massima fiducia in Salvini, ma è normale che ci sia una dialettica. Come dicevo, io ho stretto la mano a persone che non ho più avuto occasione di rivedere vive. Naturale che la mia sensibilità sia diversa. Ritengo di avere il diritto e anche il dovere di portare avanti certe istanze. Quel che mi preoccupa di più è il clima di russofobia in Italia e in Occidente che lo stesso Salvini stessa condanna. Va mantenuto il rispetto per chi ha la cittadinanza russa. Non ha senso che venga coinvolto in un attacco politico e culturale come stiamo vedendo in questi giorni".
Dal punto di vista culturale, questo è anche uno scontro di valori, fra democrazia e dittatura?
"No, è sbagliato farne una questione ideologica. Il rapporto con la Russia non dovrebbe essere improntato all’ideologia. San Pietroburgo, dove mi son sposato, come tante altre realtà russe è europea. La guerra è brutta in generale in quanto guerra, a prescindere dalle parti in gioco. Ci vanno di mezzo i civili, l’economia, gli uomini mandati a farla".
Ma la Russia di Putin è una dittatura, o no?
"Opinioni totalmente discutibili. Il problema non è sul tipo di regime, ma il fatto che c’è una guerra. La cosa da fare ora è favorire la pace. Ripeto, bisogna fermare le armi. Questo deve essere il lavoro della politica e dei governi".
L’Ucraina vuole entrare nell’Ue.
"Il popolo ucraino merita ogni solidarietà e il sostegno umanitario, e il massimo rispetto delle differenze diverse al loro interno. Non possiamo permetterci di dire come devono pensare o cosa devono fare. Loro sanno come si vive al loro interno".
Ora tutti sembrano escludere l’ipotesi di un ingresso dell’Ucraina nella Nato. Lei che ne pensa?
"È stato uno dei motivi della guerra? Non sono un esperto di Nato. So per certo che una delle cause è che in Donbass, ma anche a Odessa, in Crimea, ci sono persone che chiedono di vivere in pace, parlando e insegnando la propria lingua e di avere uno statuto speciale autonomo rispetto allo Stato centrale.
Era alla base dei trattati di Minsk, che purtroppo non hanno portato a quel che si sperava. Ci vuole comprensione per tutte le questioni alla base del conflitto in modo da fermarlo e risolverlo. La diplomazia deve far trovare alle parti la via della mediazione e della pace".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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