La legislatura si è conclusa e le porte girevoli della politica stanno per chiudersi per tanti esponenti di spicco della Seconda Repubblica. Se il 2013 ha visto l’uscita di scena di Massimo D’Alema e Walter Veltroni, stavolta il pentastellato Di Battista e il ministro Alfano hanno già annunciato che non si ricandideranno. E sono soltanto i primi di una lista che si allunga di giorno in giorno.
'Dibba' lascia per fare il papà
Ufficialmente Alessandro Di Battista si ferma un turno per fare il padre. "Quando ti nasce un figlio – ha scritto sul suo blog - si inizia a pensare moltissimo al tuo futuro, alle tue reali aspirazioni, ai tuoi sogni. E tra i miei sogni c'è la scrittura: continuare a combattere dal punto di vista politico anche attraverso la controinformazione e la scrittura". In realtà il deputato grillino è consapevole che, se Luigi Di Maio non riuscisse a vincere le Politiche, non potrebbe candidarsi a premier al suo posto al giro successivo in quanto violerebbe il limite dei due mandati voluto da Grillo.
Alfano e Casini pagano il sostegno a Matteo Renzi
Diametralmente opposte le motivazioni del ministro degli Esteri:“Non starò seduto tra i banchi del prossimo parlamento perché ho deciso di non ricandidarmi alle prossime elezioni. Ritengo ci siano dei momenti in cui vadano fatti dei gesti, voglio dimostrare che tutto ciò che abbiamo fatto è stato motivato da una profonda responsabilità verso il paese”, ha detto nel corso della trasmissione ‘Porta a Porta’. Angelino Alfano paga la cattiva gestione dell’immigrazione e una linea politica troppo ondivaga che ha avuto effetti deleteri sul voto delle Regionali in Sicilia, la sua terra, dove la sua Area Popolare non è riuscita a superare nemmeno la soglia di sbarramento al 3%. Meglio non ripresentarsi che rischiare di fare la fine ingloriosa di Gianfranco Fini e del suo partito, Futuro e Libertà per l’Italia (Fli).
Secondo alcune indiscrezioni giornalistiche anche Pier Ferdinando Casini starebbe pensando di non ricandidarsi. Nel suo caso a pesare, probabilmente, sono state le polemiche attorno alla Commissione d’inchiesta sulle banche di cui Casini è presidente. Si prospetta una vita fuori dal Parlamento anche per Denis Verdini e altri tre ex berlusconiani che, nel corso di questa legislatura, hanno voluto, nel loro piccolo, mantenere in vita il ‘Patto del Nazareno’. Stiamo parlando dei senatori Paolo Bonaiuti, Sandro Bondi e sua moglie Manuela Repetti che, difficilmente, si metteranno di nuovo alla prova delle urne.
Il fallimento politico di Giuliano Pisapia
Sul versante sinistro c’è il caso particolare di Giuliano Pisapia che, finita l’esperienza come sindaco di Milano, aveva rifiutato di ricandidarsi per ritirarsi a vita privata, salvo poi tentare il salto a livello nazionale con il suo ‘Campo progressista’. Il primo luglio era salito sul palco di piazza Santi Apostoli, insieme a Pier Luigi Bersani e sembrava destinato a fare il candidato premier degli antirenziani ma in autunno cambia idea e cerca di allearsi con il Pd. Il suo progetto, però, si scioglie come neve al sole davanti alla consapevolezza che lo ius soli non sarebbe mai stato approvato.“Il nostro obiettivo, - dice - fin dalla nascita di Campo Progressista, è sempre stato quello di costruire un grande e diverso centrosinistra per il futuro del Paese in grado di battere destre e populismi. Oggi dobbiamo prendere atto che non siamo riusciti nel nostro intento”.
Gli altri illustri addii alla politica
Chi, invece, dopo sei legislature consecutive, ha deciso di mollare è l’ex ministro Antonio Martino, tessera numero 2 di Forza Italia. Guardando sempre dentro il centrodestra il futuro politico di Umberto Bossi è appeso a un filo, visti i dissidi con Matteo Salvini, mentre l’accademico Rocco Buttiglione potrebbe decidere di tornare in cattedra di sua sponte. In casa Pd, in tempi diversi, hanno annunciato il loro addio al ‘Palazzo’ il senatore Ugo Sposetti, ex tesoriere dei DS, il ministro delle Riforme Anna Finocchiaro e Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, e il deputato di fede ulivista Franco Monaco.
Ma dal 2013 a oggi sono molti i politici che, in via definitiva o solo temporanea, per volontà propria o per costrizione, hanno abbandonato la politica. Romano Prodi è il primo a entrare di diritto in questa particolare classificazione. Fosse dipeso da lui sarebbe rientrato in politica dalla porta principale ma i 101 franchi tiratori gli hanno sbarrato la strada verso il Colle e, da quel momento, la sua tenda si è spostata sempre più lontana dal Pd e dalla politica. ‘Re Giorgio Napolitano', nel 2015, due anni dopo la sua rielezione a Presidente della Repubblica, ha scelto di sua sponte di deporre la “corona” per raggiunti limiti d’età ma resta pur sempre senatore a vita.
I rottamati da Matteo Renzi
L’ex premier Enrico Letta, a differenza del suo successore Matteo Renzi che aveva promesso di abbandonare la vita politica in caso di sconfitta al referendum costituzionale, ha lasciato la politica italiana nel giugno 2015 dopo aver votato contro l’Italicum e aver restituito la tessera del Pd. Soltanto in autunno è tornato alla politica attiva ma in Franca dove, per conto di Emmanuel Macron, è entrato a far parte di una Commissione per la riforma della pubblica amministrazione transalpina. Una carriera politica, quella di Letta, stroncata dall’ascesa fulminea di Renzi ma non l’unica.
Sempre nel 2015, a pagar dazio è stato anche l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino che, dapprima è stato travolto dal caso ‘scontrino-gate’ e, poi, dalle dimissioni presentate davanti al notaio dai consiglieri del Pd. E chissà se, dopo tante carriere politiche spezzate, l’arrivo del 2018 non porti con sé anche la fine dell’epopea renziana...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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