L'escalation alla coreana: truppe dal Nord, armi dal Sud. Ue, a Kiev altri 35 miliardi

Kim manda soldati ai russi, Seul pronta a intervenire con l'Ucraina. L'Europa sblocca i fondi degli oligarchi

L'escalation alla coreana: truppe dal Nord, armi dal Sud. Ue, a Kiev altri 35 miliardi
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Una parola che fa paura a tutti, sbandierata da alcuni come rischio da evitare e da altri come minaccia. Da mesi se ne parla, è lo spauracchio per tutti. Ma se un'escalation ci sarà, al momento, potrebbe esserci per un fattore che nessuno aveva considerato: la Corea del Nord. Alleata strettissima della Russia di Putin, ha inviato truppe sul campo, primo paese a esporsi in maniera netta e diretta con le immagini satellitari che hanno mostrato almeno 12mila uomini di Kim pronti a entrare in battaglia. E ora, sopo lo sdegno e la condanna di tutta la comunità internazionale, come pronta risposta, la Corea del Sud sta valutando la possibilità di fornire armi all'Ucraina. Eccola la potenziale escalation che nessuno si aspettava.

L'agenzia di spionaggio della Corea del Sud e gli 007 di Kiev hanno accertato nei giorni scorsi la presenza di militari nordcoreani e secondo il britannico Guardian Seul, dopo le proteste, sta pensando di aiutare in concreto l'Ucraina. Intanto, Seul invierà degli esperti alla Nato per fornire informazioni al Consiglio Atlantico sulla partecipazione della Corea del Nord al conflitto come confermato dal segretario generale Mark Rutte nel corso della sua visita in Estonia. «Al momento non possono confermare altro, se però fosse vero sarebbe una escalation significativa», ha detto Rutte.

Nel frattempo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky torna a chiedere aiuti all'Occidente proprio mentre arriva dall'Europa lo sblocco dei fondi congelati degli oligarchi russi e dagli Usa arriva la conferma di nuove sanzioni a Mosca. Proprio gli Usa restano centrali nel conflitto. «Dipende dalle elezioni negli Stati Uniti. Penso che osserveranno la politica degli Stati Uniti», ha confermato Zelensky. Il presidente ucraino ha specificato che Kiev non chiede armi nucleari, «Abbiamo rinunciato a tutte le nostre armi nucleari molti anni fa, avremmo dovuto scambiarle con l'adesione alla Nato ma non abbiamo ricevuto nulla in cambio», chiarendo una volta di più che l'ingresso del suo Paese nella Nato sarebbe decisivo per la fine del conflitto. «Ne abbiamo bisogno».

Zelensky ha incassato il sì del Parlamento europeo che ha approvato, con 518 voti favorevoli, 56 contrari e 61 astensioni, la nuova assistenza macrofinanziaria a Kiev. In soldoni, un prestito fino a 35 miliardi di euro da rimborsare con le future entrate derivate da beni russi congelati, parte di un pacchetto del G7 concordato lo scorso giugno per fornire fino a 50 miliardi di dollari di sostegno finanziario al Paese. «Voto storico», ha commentato la presidente dell'Eurocamera Roberta Metsola. Ma non è tutto, perché il segretario al Tesoro americano Janet Yellen ha anticipato che la prossima settimana arriveranno nuove sanzioni per Mosca.

«Stiamo lavorando instancabilmente per sbloccare il valore economico dei beni sovrani russi vincolati nelle nostre giurisdizioni per sostenere l'Ucraina», ha detto Yellen, in linea con la Ue. Una potenziale svolta nel conflitto. Escalation attese e non previste permettendo.

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