Cinque mesi a parlare di ddl Zan, «una grande mobilitazione sui territori» e un tour in varie città italiane sul tema, per «non deflettere» dall'obiettivo di «tornare alla carica in Parlamento» sulla legge anti-omofobia. Il prossimo aprile, quando sarà possibile ricominciare la discussione stoppata dal voto del Senato. E quando, sospetta qualcuno, potrebbe essere in corso la campagna elettorale.
Il leader del Pd Enrico Letta convoca con gran solennità una diretta Instagram, insieme al portabandiera della battaglia Alessandro Zan, annunciando «novità». E la novità è questa: convocare «cinque agorà (piazze telematiche) straordinarie, in varie città italiane, per rilanciare l'attenzione» sul ddl, già mandato a schiantare in Parlamento con il decisivo contributo del Pd.
Una scelta che un parlamentare Pd (poco rispettosamente) definisce «lunare»: «Ma vi pare che con la corsa al Quirinale ancora tutta da decidere, il futuro del governo in ballo e la pandemia in ripresa noi ci mettiamo a girare l'Italia con Zan a mo' di madonna pellegrina?». In effetti, dal Pd non pare arrivare un'ondata di entusiasmo per l'iniziativa lanciata dal segretario. Ad applaudire c'è solo l'inevitabile Monica Cirinnà, la pasionaria di «gay, trans e bambini libellula» che riuscì ad avere un ruolo determinante nell'affossamento del provvedimento. Più cauta Valeria Fedeli che sottolinea come la legge sia «necessaria», ma invita il Pd a aprire un confronto «largo, plurale e democratico» sul testo. Persino l'Arcigay frena, apprezzando «ogni sforzo» per ottenere la legge, ma invitando Letta, «visto l'esito dell'iter del ddl Zan», a definire, prima di avventurarsi in un nuovo tentativo, quali siano i «punti fermi e irrinunciabili» di un nuovo testo, per evitare il rischio di una «trattativa al ribasso».
Ma, dal suo punto di vista, il segretario dem ha bisogno di riempire il vuoto di iniziativa di queste settimane chiamando a raccolta il proprio popolo su una proposta identitaria, e mettendo riparo alla pesante sconfitta parlamentare subita sul ddl Zan. Spostando l'attenzione dal tema del giorno, ossia la partita per la successione a Sergio Mattarella, su cui il Pd non ha al momento una strategia propria e si trova costretto a giocare in difesa, dicendo no a «candidature di parte» (sottinteso Silvio Berlusconi) ma senza poter guidare l'iniziativa come cercano di fare - con risultati non brillantissimi - Matteo Salvini e Giorgia Meloni, con la quale però Letta pare avere un certo feeling: dopo averla coinvolta nella «maggioranza allargata» per il Colle e dopo la presenza alla festa di Atreju, oggi i due presenteranno insieme il libro di Luciano Violante.
Del resto un'intesa con la Meloni, per il segretario dem, è la carta per provare a ostacolare lo spauracchio di una candidatura Berlusconi. «In un Parlamento così frammentato - dice Chiara Gribaudo della segreteria Pd - non si può pensare di eleggere un presidente che sia leader di partito. Serve un nome autorevole che unisca».
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