Letta sogna l'ammucchiata. Ma Azione e 5s lo inguaiano

A Roma Calenda mette il veto sui grillini. A Torino Appendino minaccia di votare il candidato di destra

Letta sogna l'ammucchiata. Ma Azione e 5s lo inguaiano

Il «campo largo» di Letta è già un ring. A Roma Carlo Calenda non vuole i Cinque stelle in giunta, in caso di apparentamento con Roberto Gualtieri e vittoria al ballottaggio contro Enrico Michetti. A Torino l'ex sindaca grillina Chiara Appendino minaccia di votare il candidato di centrodestra Paolo Damilano al secondo turno contro l'esponente Pd Stefano Lo Russo. A Napoli dove il candidato Pd-M5S Gaetano Manfredi si impone con il 62% dei voti è già in atto la zuffa per gli assessori.

Il segretario Enrico Letta, fresco di elezione in Parlamento nel collegio di Siena, prova a vedere il bicchiere mezzo pieno: vittoria a Bologna, Napoli e Milano al primo turno. A Torino e Roma il Pd è in corsa contro i candidati del centrodestra. La partita più complicata da vincere si gioca, però, al Nazareno. Tutti i big, all'indomani del voto, investono Letta del ruolo di federatore. Gli alleati spingono per il campo largo, da Articolo Uno a Italia Viva. Ma l'alleanza sembra già l'armata Brancaleone di Romano Prodi. Con un occhio alle scosse che arrivano dal governo, ieri Letta ha riunito i ministri dopo lo strappo della Lega sulla riforma fiscale, il leader Pd inizia il lavoro da federatore del campo largo: «Mi sento di dire che il segretario del Pd è il federatore del centrosinistra, ma lo direi anche se il segretario fosse un altro, perché il Pd è il baricentro di una grande coalizione politica». L'obiettivo è mettere allo stesso tavolo Conte, Renzi e Calenda già dai ballottaggi ««Per me sì- risponde su Conte e Calenda - non ho nessun dubbio. Sarà quello che proporrò a tutti e due». Missione quasi impossibile. A Roma, Virginia Raggi flirta con Enrico Michetti mentre Letta prova a chiudere l'intesa con Giuseppe Conte

Stesso lavoro di ricucitura è in corso con Carlo Calenda che pone subito una condizione: «Nessun grillino in giunta». Ecco che il segretario dem batte quasi in ritirata: «Niente accordi di vertice, sono elezioni per le città, saranno i singoli candidati che parleranno agli elettori e gli elettori dovranno scegliere». Il bicchiere è mezzo pieno non solo per le vittorie di Napoli, Bologna e Milano ma anche per Andrea Casu che alle suppletive di Roma Primavalle ottiene il lasciapassare per il Parlamento. Nel day after sono due le spine in casa Pd: le alleanze e l'elezione del Capo dello Stato. Sulla scelta de futuro inquilino del Colle, Letta frena sul nome di Mario Draghi. Ipotesi che fino a qualche settimana fa piaceva perché considerata la strada naturale per andare al voto anticipato. Dall'interno del Parlamento Letta cercherà di tenere compatte le truppe del Pd.

Sul campo largo, la spinta c'è. Ma il lavoro è appena iniziato. Il capo delegazione del Pd al governo, Andrea Orlando, sottolinea che «il voto dà una grande responsabilità perchè oggi siamo nelle condizioni di costruire una prospettiva per il futuro, un campo largo, che dove siamo riusciti a realizzare ci ha fatto vincere al primo turno».

E anche Goffredo Bettini si sbilancia: «Si vince con un largo campo di forze democratiche e di progresso. Includendo e non escludendo». Le Sardine vogliono essere della partita. Tutti in estasi per il campo largo. Che rischia di trasformarsi nel campo minato per il federatore Letta.

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