«Negli ultimi anni ho scoperto di avere tanti nomignoli: Chiara, Sara, Claudia, Marta, quella di Portanova, sicuramente una poco di buono, la stuprata e chi più ne ha più ne metta. Ho scelto di scrivere, una scelta un po' tarda potrebbe pensare... ma sapete, non è mai facile esprimere se stessi e il proprio dolore quando si è in mezzo ad una burrasca giudiziaria».
Inizia così una lunga lettera inviata a La Nazione dalla studentessa senese di 22 anni che accusa di essere stata vittima di un stupro di gruppo nella notte fra il 30 e il 31 maggio 2021 in un appartamento vicino a Piazza del Campo a Siena. Il calciatore del Genoa Manolo Portanova e suo zio Alessio Langella sono stati condannati per questo il 6 dicembre scorso con rito abbreviato a 6 anni di reclusione, oltre che al risarcimento del danno. Per Alessandro Cappiello, loro amico, rinviato a giudizio per lo stupro della giovane, si è appena aperto il dibattimento al Tribunale di Siena mentre per l'unico under 18 coinvolto nella vicenda la decisione arriverà il 6 giugno davanti al Tribunale per i minorenni di Firenze.
Il giocatore del Genoa, unitamente al padre Daniele e al difensore Gabriele Bordoni, il 10 marzo, lette le motivazioni della sentenza, ha organizzato una conferenza stampa per raccontare la sua verità, rompendo il silenzio. «Soffro per ciò che leggo e sento. Portiamo dimostrare che non sono state guardate, se ne occupa l'avvocato», disse Portanova. Bordoni infatti sta per depositare il ricorso in appello.
«Tutto può essere preso di mira, tutto può essere visto da qualcuno come un piccolo enorme dettaglio per puntarmi il dito contro - scrive la vittima, assistita dall'avvocato Jacopo Meini -. Ma sono qua oggi, per rispondere a una conferenza stampa da poco tenuta, per rispondere a chi potrebbe credere più alle parole di qualcuno rispetto all'esito di un primo grado di giudizio».
C'è dolore e tanta disperazione nelle sue parole. «Oltre a ciò che ho dovuto subire nella notte fra il 30 e il 31 maggio 2021, mi ritrovo oggi di fronte a qualcuno che tenta di affossare la mia persona e di mettermi in cattiva luce - si legge nella missiva -.
Purtroppo oltre ad un tribunale giudiziario ne esiste anche uno mediatico e sociale, molto crudele, del quale con sincerità posso affermare che siamo vittime tutti. Non sono stata io a voler osare clamore a questa orribile vicenda. Però il fatto sta nel voler portare alla luce la verità».
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