Si può dire che Raffaele Fitto sia stato l'unico ex pupillo di Silvio Berlusconi a sfuggire alla sua «maledizione», quella che prevedeva per chiunque gli girasse le spalle il fallimento o almeno l'oblio politico. Invece, il ministro pugliese per gli Affari europei, Mister Pnrr com'è stato soprannominato, dopo essere passato da Forza Italia al partito della premier Giorgia Meloni ha proseguito la sua ascesa e ora sta per sbarcare ai vertici dell'Europa europea a soli 55 anni, compiuti giusto il 28 agosto scorso.
D'altronde, il ragazzo nato a Maglie la carriera l'ha iniziata molto presto, ha bruciato le tappe e ha avuto tutto il tempo di farsi le ossa attraverso varie formazioni politiche. In famiglia ha mangiato pane e politica, come si dice. Secondo le migliori tradizioni meridionali il suo primogenito (figli ne ha tre) l'ha chiamato Salvatore, come il papà democristiano che gli ha indicato la strada ed è stato presidente della Regione Puglia dal 1985 fino alla sua morte, in un incidente stradale nel 1988.
È allora che Raffaele comincia a impegnarsi nella Democrazia Cristiana e la prima elezione, in consiglio regionale, arriva a 21 anni, mentre studia a Bari Giurisprudenza dopo la maturità scientifica. Nel 1994, quando la Dc si scioglie, segue prima Mino Martinazzoli nel Partito popolare, poi Rocco Buttiglione nella Cdu, viene riconfermato consigliere e poi nominato vicepresidente della Regione e assessore al Turismo nella giunta di centrodestra. Nel 1998 lascia il Cdu e fonda i Cristiani democratici per la libertà, ultimo passo prima di essere scelto da Berlusconi come uno dei suoi «cavalli di razza», disse così e un'altra volta lo definì una sua «protesi». Nel 1999 è eletto al Sud europarlamentare con Forza Italia e rimane in carica fino al 2000, quando diventa il più giovane presidente di Regione della storia repubblicana, come governatore della sua Puglia: cinque anni, un grande trampolino politico, prima di lasciare il posto a Nicky Vendola ma per tornare tra gli azzurri del Pdl alla Camera.
Per il Cavaliere il giovane rampante e competente ha le carte in regola per salire ai vertici e, nel 2008, lo indica come ministro per gli Affari regionali nel suo quarto e ultimo governo. Nel 2013 Fitto viene rieletto a Montecitorio, l'anno dopo è capolista a Bruxelles, sempre campione di voti, ma i rapporti con Berlusconi si deteriorano, lui sgomita, mette in discussione la direzione di Fi, chiede più dibattito interno, anche le primarie, critica il patto del Nazareno con Matteo Renzi. Per il Cav è davvero troppo, questo «ingrato», diventa «traditore» e in quel 2014 arriva la rottura. La fondazione di un suo movimento e l'anno dopo l'uscita da Fi scatenano la reazione di Berlusconi («Un notabile democristiano», «Raffaele chi?») e tutto questo lo porterà ad entrare in Fratelli d'Italia tre anni dopo.
Contrariamente a Gianfranco Fini, Angelino Alfano ed altri, però, Fitto mantiene un atteggiamento di lealtà verso il vecchio leader, non lo attacca e anche con il successore Antonio Tajani i rapporti sono buoni, di stima reciproca, come si vede in quest'ultima occasione.
Dopo la sconfitta del 2020 alla Regione Puglia contro il grande antagonista Michele Emiliano, il successo alle elezioni del 2022 riporta Fitto sulla scena nazionale, Giorgia lo apprezza, lo vuole al suo fianco, l'esperienza europea pesa ed è lui a portare avanti l'operazione che fa sdoganare il partito dei Conservatori di cui è copresidente. Qualcuno dice che nel governo abbia accettato un ministero di secondo piano perché il progetto di volare a Bruxelles c'era già. L'ultimo balzo del giovane democristiano sovranista.
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