Molestie sessuali o intrigo internazionale? Tra Mosca e New York si incrociano accuse di violenza e controaccuse di macchinazione politica. Al centro della vicenda uno dei più noti giocatori del campionato professionistico di hockey americano, il russo Artemi Panarin, in forza ai New York Rangers.
Poche settimane fa era stato uno dei pochi personaggi pubblici che nell'ex Unione sovietica si erano schierati con Alexey Navalny: con un post sui social aveva chiesto la liberazione dell'oppositore incarcerato.
Sabato scorso il colpo che rischia di metterne in pericolo la carriera, almeno in America. Con un'intervista alla Komsomolskaya Pravda, tabloid pubblicato a Mosca, un suo ex allenatore, Andrei Nazarov, ha raccontato di essere a conoscenza di una violenza commessa da Panarin ai danni di una ragazza diciottenne. Tutto sarebbe avvenuto 10 anni fa in Lettonia, dove il giocatore, allora poco più che maggiorenne, era impegnato in un match. Dopo il fatto, secondo Nazarov, le autorità lettoni avrebbero avviato un'inchiesta penale, ma 40mila dollari in contanti, versati non si sa bene a chi, avrebbero messo a tacere la cosa. Quanto ai motivi dell'accusa tardiva l'ex allenatore ha chiarito di essere stato spinto proprio dalle critiche che Panarin aveva rivolto al presidente Putin.
Negli Stati Uniti di oggi una denuncia del genere non poteva passare inosservata e, anzi, è subito scoppiata la tempesta. La National Hockey League ha annunciato l'apertura di un'indagine, mentre un comunicato dei Rangers ha difeso il giocatore: «È una tattica intimidatoria impiegata contro di lui perché ha espresso con chiarezza le sue idee sui recenti avvenimenti politici».
L'interessato ha negato «con forza e senza alcuna esitazione» i fatti che gli sono stati addebitati, ma si è detto «scosso e addolorato», annunciando di voler prendere un periodo di congedo. Se le accuse fossero provate il suo contratto, di circa 81 milioni di dollari per sette anni, potrebbe essere a rischio.
La vicenda sembra inserirsi nel solco dei tradizionali kompromat, i dossier compromettenti così frequenti nella politica russa e, in precedenza sovietica, e testimonia anche la linea dura scelta dai servizi di sicurezza contro oppositori e loro fiancheggiatori.
Secondo alcune fonti sarebbero loro in questo momento a stabilire le regole del gioco della repressione interna, mentre Putin preferisce occuparsi direttamente di temi strategici e geopolitici. Lunedì ha incontrato a Sochi il presidente Lukashenko. Secondo Belta l'agenzia di stampa bielorussa i colloqui tra i due sono durati più di sei ore (e ieri è seguita un'ulteriore telefonata).
Nel frattempo si avvicina una nuova fase calda nei rapporti con l'Europa: lunedì i ministri degli Esteri della Ue hanno raggiunto l'accordo sulle sanzioni personali da infliggere agli uomini impegnati in prima linea nella repressione dell'opposizione.
Su quattro nomi l'accordo sarebbe unanime: si tratta del procuratore generale Igor Krasnov, del comandante dei servizi penitenziari Alexander Kalashnikov, del responsabile della commissione d'inchiesta Alexander Bostrykin e del comandante della guardia nazionale Viktor Zolotov. Leonid Volkov, braccio destro di Navalny si è detto soddisfatto per la decisione europea: «Ma bisogna colpire gli oligarchi, è lì il cuore del potere».
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