La libertà di espressione va difesa. Sempre. E non a corrente alternata come fa la sinistr. Il giudice Immacolata Iadeluca del tribunale di Torino ha assolto lo scrittore Erri De Luca dall’accusa di istigazione a delinquere che gli era stata contestata per aver detto che la Tav va sabotata. Un concetto che lo scrittore ha ribadito stamattina in aula prima che il giudice si ritirasse per decidere. Per il giudice "il fatto non sussiste". Ma non è sempre così. Le condanne fioccano solo se tocchi Re Giorgio. "Erri De Luca assolto perché di sinistra, Bossi condannato perché non di sinistra - fa notare Maurizio Gasparri - De Luca resta un vile che aizza violenti contro le forze di polizia mentre lui resta a casa". Il mese scorso il Senatùr è stato, infatti, condannato per "vilipendio all'allora capo dello Stato, Giorgio Napolitano".
L'imputazione contro De Luca è scaturita da alcune frasi sui sabotaggi dell'alta velocità Torino-Lione rilasciate alla stampa. "Mi sono trovato in una lunga sala d’attesa, adesso è finita", è stato il primo commento di De Luca dopo la sentenza. Secondo lo scrittore "l’assoluzione ribadisce il vigore dell’articolo 21 della Costituzione, che garantisce la più ampia libertà di espressione ai cittadini". In mattinata, prima che il giudice entrasse in camera di consiglio, De Luca aveva ribadito il concetto sulla Tav: "Oggi sarei presente in quest’aula anche se l’imputato non fossi io. Se quello che ho detto è reato continuerò a dirlo e ripeterlo. Il termine sabotare - aveva argomentato - ha un significato nobile, lo hanno utilizzato anche Mandela e Gandhi. La Tav va ostacolata, impedita e intralciata, quindi sabotata per la legittima difesa della salute, del suolo, dell’aria e dell’acqua di una comunità minacciata". La posizione di De Luca può essere condivisa. O no. Il punto non è questo. Mandare in galera una persona per le proprie parole significa fare carta straccia della libertà di espressione.
Non sempre, però, la giustizia tutela la libertà di parola. Il tribunale di Bergamo, per esempio, ha condannato a 18 mesi Umberto Bossi per vilipendio a Napolitano. Il processo era stato aperto "per offesa all'onore e al prestigio del presidente della Repubblica e per vilipendio alle istituzioni". Nel 2011 alla festa invernale del Carroccio ad Albino, in provincia di Bergamo, Bossi aveva criticato duramente l'allora premier Mario Monti e aveva definito Napolitano "un terùn". Affermazione accompagnata dalle corna con le mani. Per queste parole il Senatùr è stato condannato.
"Non vorrei che in Italia c’è chi è più libero di altri... - commenta Matteo Salvini - perché la libertà dovrebbe valere, ad esempio, anche per gli indipendentisti veneti o per i sindaci e i militanti della Lega che criticano l’immigrazione selvaggia...".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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