Renzi contro la guerra in Libia: "Calma, non è un videogioco"

Il premier contrario all'intervento in Libia: "Non è all'ordine del giorno la missione militare italiana". E all'ambasciatore Usa: "Ci vuole molta calma"

Renzi contro la guerra in Libia: "Calma, non è un videogioco"

"Vedo gente che dice mandiamoci 5mila uomini. È un videogioco? Ci vuole molta calma". Intervistato da Barbara D'Urso a Domenica Live, Matteo Renzi mette a tacere l'ambasciatore americano a Roma, John R. Phillips, chiamando l'Italia fuori dal conflitto in Libia contro i tagliagole dello Stato islamico. "Non è all'ordine del giorno la missione militare italiana - mette in chiaro - la prima cosa da fare è che ci sia un governo che sia solido, anzi strasolido, e abbia la possibilità di chiamare un intervento della comunità internazionale e non ci faccia rifare gli errori del passato".

Con il cuore pesante per la tragica morte in Libia di due connazionali e mentre ritornano in patria gli altri due italiani salvi, Renzi frena ancora più forte sull'intervento militare. "Non è il tempo delle forzature, ma del buon senso e dell'equilibrio", dice il premier ribadendo che premessa indispensabile per un'impegno italiano, dopo "tutti i passaggi parlamentari e istituzionali necessari" alla decisione, sarà la nascita di un legittimo governo libico da affiancare in un'azione stabilizzatrice. Questa è l'unica vera priorità diplomatica: lavorare perché un accordo politico duraturo porti ad un nuovo governo in Libia, da sostenere con un'eventuale azione militare di supporto italiana, dopo aver coinvolto nella decisione Paese e parlamento. E dagli studi di Domenica Live lancia un durissimo monito ai politici di tutti gli schieramenti: "Bisogna evitare le strumentalizzazioni selvagge e bieche di queste ore di fronte al dolore. Poi in parlamento discutiamo... ma sulla vicenda libica ci vogliono prudenza, equilibrio e buonsenso".

Sui rapimenti degli italiani, invece, Renzi evita qualsiasi fuga in avanti. "Bisognerà capire le responsabilità", avverte ricordando che i quattro tecnici italiani "sono entrati in Libia quando c'era un esplicito divieto" da parte dell'Italia. Il capo del governo ha ribadito "la delicatezza della vicenda", anche Gino Pollicardo e Filippo Calcagno "hanno saputo solo oggi", una volta atterrati a Ciampino, che i colleghi Salvatore Failla e Fausto Piano sono stati ammazzati.

Le complicazioni di questa vicenda sono lo specchio del caos che avvolge un Paese ormai senza Stato dalla fine di Muhammar Gheddafi, in balia di milizie, tribù, bande criminali e jihadisti che si contendono il territorio e sfruttano gli ostaggi stranieri per finalità di riscatto o per ottenere una legittimazione politica.

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