Dieci euro posson bastare? È la cifra in euro che secondo il ministero delle Imprese e del Made in Italy, per gli amici Mimit, i ristoranti medi dovrebbero far pagare per i menu destinati ai bimbi per richiamare le famiglie. L'iniziativa si chiama «Aggiungi un posto a tavola che c'è un bambino in più» e il nome è indubbiamente carino, ma la sua fattibilità è ancora tutta da studiare. È una delle misure contenute in un protocollo anti-inflazione su beni di prima necessità che il Mimit sta preparando in collaborazione con le associazioni delle imprese del settore e quelle delle famiglie. Tra le altre misure allo studio piatti del territorio a prezzi calmierati e menu scontati. L'obiettivo è spingere i gruppi familiari (soprattutto quelli numerosi) a frequentare più spesso i ristoranti «che, invece, molto spesso sono oggetto di segnalazioni legate a prezzi elevati», si legge nel verbale di una riunione che si è svolta lo scorso 7 novembre.
Il Mimit conta di «definire un protocollo che consenta l'attivazione e l'annuncio dell'iniziativa a partire dai primi giorni di dicembre» per farle partire dal 1° gennaio 2024 e «con durata quanto meno per tutto il primo quadrimestre dell'anno». L'iniziativa, oltre a «garantire un effetto calmierante sui prezzi della ristorazione», che contribuirebbe a «raffreddare la spinta inflazionistica», servirebbe a creare un «nuovo rapporto di fiducia tra esercenti e famiglie invogliate a tornare a frequentare i locali della ristorazione, attraverso una campagna di comunicazione».
L'obiettivo è lodevole ma la sua realizzazione niente affatto agevole, come ricorda anche il presidente di Fipe, la federazione dei pubblici esercizi, Lino Erico Stoppani. «Il ministro Urso con noi sta facendo un tentativo in modo da portare anche i più piccoli al ristorante con menu sotto i 10 euro per favorire la convivialità e lo stare insieme alle famiglie. Ma non è così facile, perché una volta che le associazioni fanno l'accordo poi va declinato sulle imprese e sui territori. Un menu a 10 euro può essere troppo alto nelle catene della ristorazione commerciale e troppo basso nei ristoranti stellati».
Ragionamenti che richiedono alcune considerazioni. Prima di tutto i ristoranti stellati, quelli che offrono menu degustazione tra i 100 e 200 euro a persona, non sono certo il luogo adatto per una politica anti-inflazionistica e a dirla tutta nemmeno per gli «under». Chi vorrebbe partecipare a una liturgia lunga spesso quasi tre ore con il pargoletto che piange e si annoia e dopo aver investito nell'impresa un quarto del proprio stipendio mensile? E poi, chi frequenta un fine dining ed è disposto a stanziare qualche centinaia di euro per sentirsi un giudice di Masterchef non ha certo bisogno di uno sconto-bambino. Il problema riguarda semmai la ristorazione media, quella della domenica, quella che rappresenta l'habitat ideale della famiglia tipo.
È qui che il menu bambino potrebbe avere un senso, anche se poi andrebbe ricordato alle famiglie che si recano al ristorante con la prole le regole di buona condotta: avvertire il ristorante della presenza di piccoli al momento della prenotazione, non pretendere cambi di menu astrusi, evitare che le luci dei propri occhi schiamazzino e corrano per i tavoli, rispondere con educazione alle eventuali rimostranze degli altri clienti. È anche così che si aggiunge un posto a tavola.
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