L'inclusione non paga. Dal Jack Daniel's alla Harley-Davidson, "scorretti" è meglio

Il produttore di whiskey: stop ai programmi sulla "diversità". Incentivi solo per i risultati

L'inclusione non paga. Dal Jack Daniel's alla Harley-Davidson, "scorretti" è meglio
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L'inclusività è bella fin quando non esclude. Una fetta di mercato. Così un numero sempre maggiore di aziende negli Stati Uniti rinuncia a perseguire le cosiddette politiche DEI (Diversity, Equality, Integration) che rappresentano il cuore dell'ideologia woke applicato alle imprese ma che rischiano di alienare le simpatie dei consumatori più conservatori.

L'ultima, è notizia di ieri, è Jack Daniel's, produttrice del più celebre Tennessee whiskey, l'Old No 7, la cui caratteristica è di essere filtrato al carbone attivo di acero e poi invecchiato in botti fatte a mano. Una bevanda che è un'icona per ogni americano che si rispetti, anche per chi non la beve. Ebbene La Brown-Forman Corp., la società che detiene il marchio nato nel 1866 per iniziativa di Jasper Newton Daniel, ha annunciato la cancellazione dei programmi DEI a causa delle pressioni da parte di giornalisti e politici conservatori. In particolare quelle di Robby Starbuck, blogger e attivista iperconservatore (fu candidato nel 2022 alle elezione per la House of Represetatives proprio in Tennessee, ma fu trombato), accanito accusatore delle pratiche DEI da parte delle imprese che più incarnano l'American way of life. Temendo di perdere alla lunga i clienti conservatori - come accadde l'anno scorso alla birra Bud Light, boicottata negli Usa dopo una promozione con l'attrice e tiktoker transgender Dylan Mulvaney - l'azienda del Kentucky ha scritto ai dipendenti annunciando di cambiare rotta: non più premi e incentivi legati al raggiungimento degli obiettivi sull'inclusione (vi era destinato il 10 per cento del budget) ma, come accadeva un tempo, correlati alle performance aziendali. Sbianchettati anche gli obiettivi sulla diversità nella forza lavoro e sui rapporti preferenziali con aziende partner che praticano la valorizzazione della diversità. Stop anche alla partecipazione al Corporate Equality Index, uno stumento della Human Rights Campaign Foundation che redige le pagelle alle aziende in base al trattamento, nelle aziende, di dipendenti e consumatori LGBT. Jack Daniel's d'ora in poi vuole essere apprezzata soltanto per il pregio dei suoi whiskey. Anche se forse questo farà perdere gli estimatori sensibili all'ideologia woke, che passeranno a bere George Dickel o addirittura al bourbon: un Jim Beam? Un Wild Turkey? E anche la partnership dell'azienda di Lynchburg con Coca-Cola - marchio che non sembra intenzionata a fare passi indietro sulle pratiche DEI - è a rischio. I due brand producono assieme la lattina di Jake&Coke, di recente lanciata anche in Italia. Forse è il caso di non affezionarcisi.

Jack Daniel's è solo l'ultima azienda ad avere abbandonato il politicamente corretto in nome del mercato. Qualche giorno fa la stessa scelta era stata operata da Harley-Davidson, azienda di Milwaukee produttrice delle inconfondibili moto dalla linea aggressiva e decisamente macho: cancellati i programmi di inclusione, le quote di assunzione riservate a donne e a minoranze, gli «obiettivi di spesa» per fornitori che appartengono a minoranze, disconosciuta l'Human Rights Campaign e le sue bocciature wok. Il tutto per «non spaccare la comunità» di harleysti. Harley-Davidson punta così a riconquistare il feeling con gli elettori di Trump intiepiditosi quando l'azienda di Milwaukee qualche anno fa prese a produrre le moto destinate all'Europa in Thailandia per aggirare i dazi per il Vecchio Continente voluti dallo stesso Trump nel 2018.

Tra le altre aziende colpite dagli strali politicamente scorretti di Starbuck ci sono anche la John Deere che fa macchine agricole e tagliaerba, la Polaris che produce motoslitte e moto d'acqua e la catena Tractor Supply che vende prodotti per l'agricoltura, la casa e il barbecue. Più americane di così.

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