Dicono i testimoni: «Buttavano i bambini dalle finestre». E altri: «Era come l'11 settembre». La Grenfell Tower, questo grattacielo un po' formicaio a due passi dalle case chic dei ricchi di Londra, è un inferno. E dentro le mamme, i papà, devono scegliere quale inferno sia il peggiore. Ci sono le fiamme che bruciano, il fumo che entra nelle stanze e poi nei polmoni, c'è il fuoco, sempre più vicino. E poi c'è il vuoto. C'è quella finestra, basta aprirla. In fondo la vista, da lassù, è sempre stata bellissima. In questo grattacielo definito «popolare», anche i non affluent possono permettersi un panorama da milionari di Kensington. Però questa notte è diverso. Questa notte la finestra si apre sulla morte, o forse sull'ultima speranza. Forse laggiù, nel vuoto, c'è una salvezza che ti aspetta. Le mani coraggiose che tendono un telone, le braccia infaticabili che sono pronte a raccogliere, a curare, a confortare. E poi di nuovo a riaprirsi, per aiutare qualcun altro. È successo così, a un piccolo di pochi mesi: la sua mamma l'ha avvolto in un lenzuolo, poi ha gridato, per richiamare l'attenzione, perché qualcuno, da terra, afferrasse il suo bambino e alla fine lo ha lanciato, giù, in volo dal decimo o dal nono piano: un signore si è messo a correre, l'ha preso. Lo ha salvato. Ti dicono: e tu, da mamma, che cosa avresti fatto? Ma come fai a rispondere a questa domanda, mentre sei qui che scrivi al computer? Le madri hanno forza e un cuore sovrumano, questo rispondi. Quella donna ha lanciato tutta la sua vita fra quelle lenzuola, la sua anima è volata via, però non giù giù fino al marciapiede: è risalita in alto, senza più peso, verso il cielo. Se c'è. Qual è l'inferno migliore? Qual è l'incubo che si può tollerare? E poi: quelli sono riccioli di fumo? Sono detriti dalla forma strana? No, sono uomini, ti spiegano. Te lo hanno spiegato sedici anni fa, ormai. Sono quelle sagome, quei corpi che sembrano puntini, ma se guardi bene distingui le braccia, le gambe, perfino la camicia bianca, che era immacolata prima che il fumo la ingrigisse. Scivolano veloci, ma neanche troppo, a testa in giù, lungo i piani delle Torri gemelle. L'11 settembre ci ha lasciato anche questo: la disperazione oltre la quale c'è solo la morte. Una morte certa, preferita a un'altra fine ancora più sicura, forse ancora più spaventosa. Quello che sconvolge è che il gesto suicida non sia tale: è un tentativo assurdo, e proprio per questo umano, comprensibile, di sopravvivere. Comunque. Nonostante tutto ti dica che non ce la farai. L'uomo che cade è quello che sta tentando di volare, contro ogni logica, ma anche contro ogni rassegnazione. C'è un artista di strada, racconta Don DeLillo, che si butta all'improvviso, come quell'uomo, quello che si è buttato davvero dalla Torre, quello della fotografia.
Ha le braccia lungo i fianchi, un ginocchio un po' sollevato. L'uomo che cade, si intitola il romanzo di DeLillo, e racconta l'America dopo l'11 settembre. Quell'artista non cade per davvero. Dopo che quell'uomo si è buttato, con la sua camicia bianca, la Torre è crollata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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