Armi a doppio taglio

Essendo noi persone pacifiche, ma non pacifiste, ci sentiamo di prendere le distanze dall'entusiasmo collettivo

Armi a doppio taglio
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Ieri abbiamo letto che l'Università di Pisa, prima in Italia, e speriamo l'ultima, ha approvato una modifica allo Statuto per bandire qualsiasi ricerca sulle armi: dissociandosi da ogni attività volta allo sviluppo di tecnologie militari, l'Ateneo conferma così «il proprio impegno per la concreta attuazione dei principi della pace».

Essendo noi persone pacifiche, ma non pacifiste, ci sentiamo di prendere le distanze dall'entusiasmo collettivo. Facciamo fatica a spiegare il perché, ma la risoluzione all'unanimità (sempre sospettare quando c'è

un'unanimità) ci fa pensare a un non so che di farisaico. Partito religioso, peraltro, fra i più guerrafondai della storia. E allora, retorica per retorica, rispondiamo con un altrettanto irrealistico elogio della guerra. Ma non perché rinunciando alla ricerca universitaria nel settore, l'Italia invece di produrre armamenti sarà costretta a importarli. Ma perché la guerra che come insegna Massimo Fini ha le sue funzioni, le sue ragioni, la sua moralità da sempre, accelerando il progresso tecnologico, è il motore più potente dello sviluppo della civiltà, dalle macchine da assedio poi perfezionate dall'ingegneria civile fino a Internet, che nasce come rete di computer in ambito militare. E non parliamo del nucleare e la ricerca spaziale. O la carne in scatola.

E andando indietro nei secoli si possono citare i commerci,

l'incontro di civiltà e la letteratura prodotti dalle Crociate. Una delle quali, guarda i casi della Storia, fu persino predicata da Pierre Roger, che quando divenne Papa Clemente VI istituì un'università. Quella di Pisa.

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