L'ira dei governisti. Processo al capo e appello a Grillo. Scissione in vista

Trenta parlamentari pronti all'ammutinamento. Oggi la resa dei conti al Consiglio nazionale e si evoca Beppe per fare rinsavire il leader. Di Maio se la ride e apre le porte ai transfughi

L'ira dei governisti. Processo al capo e appello a Grillo. Scissione in vista

I governisti grillini minacciano lo strappo. I «diversamente contiani» (battuta che circola negli ambienti Ipf) non vogliono mollare la poltrona e aprono il processo contro l'ex premier. Da principale accusatore del premier, ora Conte scivola sul banco degli imputati. E rischia di finire in minoranza nel Consiglio nazionale convocato alla vigilia del voto in Senato sul Dl aiuti.

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio gode. E provoca: «Io sono contento che all'interno del M5s ci siano tanti parlamentari che non condividono la linea di far cadere il governo mandando il Paese all'esercizio provvisorio. Non si può assolutamente agire da irresponsabili in un momento storico come questo. Noi, come governo, siamo impegnati al massimo su tre fronti che sono i salari, la precarietà e il cuneo fiscale». Nel Movimento scatta la resa dei conti tra governisti e falchi. Spaccatura che potrebbe venir fuori domani in Aula al Senato quando sbarcherà il Decreto Aiuti per la fiducia. Nel passaggio alla Camera dei deputati una sola defezione: Francesco Berti. A Palazzo Madama i numeri sono alti: quindici senatori «disobbedienti» sarebbero pronti a votare la fiducia all'esecutivo, smarcandosi dalla linea del Movimento. Si consumerebbe così una nuova scissione: scenario che Conte vuole evitare. Teme una nuova emorragia di parlamentari (verso Ipf e Pd) in caso di addio del M5s dal governo. La fronda dei governisti lavora per bloccare le tentazioni da Papeete dei falchi. Sono almeno una trentina tra Camera e Senato. Ne fanno parte i due capigruppo Davide Crippa e Mariolina Castellone. La pattuglia dei ministri è quasi compatta. Anzi, il sottosegretario alle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri è dato in partenza verso il partito del ministro degli Esteri. Vengono avanzati dubbi sulla lealtà (a Conte) del ministro Fabiana Dadone. Più si avvicina il giorno del voto in Senato, più i governisti danno segni di insofferenza verso il capo grillino. Federico D'Incà, ministro dei Rapporti con il Parlamento, sta provando a mediare tra due fazioni su mandato del presidente della Camera Roberto Fico. Sono stati attivati tutti i canali della diplomazia. La tensione è altissima.

Conte riunirà i senatori per fare il punto. Ma prima ci sarà una riunione del Consiglio nazionale del Movimento. È qui che andrà in scena la resa dei conti. La posizione del leader non cambia: si va verso l'astensione sulla fiducia al Dl aiuti. I governisti hanno chiesto l'intervento di Beppe Grillo per riportare Conte su posizioni più dialoganti con Draghi. Si proverà ad evitare lo strappo. Il solco tra Conte e i governisti è certificato dalle parole del ministro grillino all'Agricoltura Stefano Patuanelli: «Io penso che questa sera e anche domani, dopodomani, continuerò a essere ministro. Non so se è una fortuna o una sfortuna per il settore agricolo, però».

A buon intenditore poche parole. Se Conte forza la mano, rischia di ritrovarsi con l'ennesima scissione tra le mani. Carlo Sibilia, sottosegretario all'Interno, fa notare: «Da giorni ci definiscono irresponsabili perché chiediamo con forza il salario minimo. Draghi annuncia un provvedimento sul salario minimo. L'azione politica del M5S è seria ed efficace. Così si aiutano milioni di lavoratori che hanno pagheda fame. Altro che Papeete bis». Eccolo un altro governista che non vuole seguire la linea contiana.

La fronda barricadera non arretra: «Le risposte di Draghi non possono che essere il nulla o un nulla relativo, altrimenti ce le avrebbe date molto tempo fa», attacca il senatore M5s Alberto Airola. La divisione nel Movimento è plastica. Una convivenza difficile pronta a sfociare in una nuova scissione.

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