La chat è la vera croce per il presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
La leader di Fratelli d'Italia è irritata per l'ennesimo messaggio riservato ai parlamentari e finito nel giro di pochi minuti sulla stampa. Un fastidio che Giorgia Meloni non nasconde più, fino a minacciare le dimissioni: «Io alla fine mollerò per questo, fare sta vita per eleggere sta gente anche no» - sbrocca Meloni in chat con gli eletti Fdi dopo che la convocazione per martedì per eleggere il giudice costituzionale era stata spiattellata. Per chiudere con un messaggio duro: «L'infamia di pochi mi costringe a non aver più rapporti». Non è la prima volta che le conversazioni private tra il presidente Meloni e i suoi parlamentari finiscono sui giornali.
Addirittura il 24 agosto del 2023 il giornalista del Foglio Simone Canettieri pubblicava la comunicazione di Meloni sulla nomina di Giovanbattista Fazzolari come nuovo capo della comunicazione di Palazzo Chigi. A inizio legislatura, il 7 ottobre 2022, Meloni lasciò la chat con un messaggio di fuoco (finito sulla stampa): «Non vi rendete conto di quanto sia dannoso e inaudito quello che avete fatto uscire».
Cosa era successo? Sulla stampa era finito il contenuto di alcune considerazioni di Meloni sull'ex presidente del Consiglio Mario Draghi.
Ora si è aperta la caccia alla talpa. Gli indizi portano a un senatore. Anche se negli ambienti di Fratelli d'Italia c'è chi azzarda un nome (pesantissimo) vicinissimo al presidente del Consiglio. Un insospettabile, insomma. C'è però il tema politico da affrontare fino alla giornata di martedì quando si eleggerà il giudice costituzionale.
Il nome su cui punta il centrodestra è quello di Francesco Severio Marini, consigliere giuridico di Meloni. Il timore che la fuga di notizia possa bruciare la candidatura. Ed in effetti il Pd subito si lancia all'attacco: «Noi non accetteremo alcun tipo di blitz sull'elezione dei giudici della Corte costituzionale. È gravissimo anche solo averlo appreso dalla stampa. Questa concezione proprietaria delle massime istituzioni della repubblica deve finire qui, e vederci tutti mobilitati a difesa delle garanzie democratiche».
E subito dopo, pure il partito presieduto da Nicola Fratoianni va in scia: «L'elezione del o della giudice dell'Alta Corte deve essere fatta nel pieno rispetto dello spirito costituente: vale a dire, con la più larga condivisione della scelta. L'idea di voler fare il pieno dei voti e' fuori da questo spirito, sebbene sia proprio quella praticata gia' in altre occasioni da questa destra: ebbene, si eviti di coinvolgere almeno la Consulta» - attacca il capogruppo Avs nella commissione Affari costituzionali della Camera Filiberto Zaratti.
La sinistra non vuole perdere il controllo della Corte
Costituzionale. Soprattutto perché c'è un passaggio politico importante: il 12 novembre i giudici della Consulta dovranno decidere sul ricorso promosso da Toscana e Puglia sull'illegittima costituzionale dell'autonomia differenziata.
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