L'Irlanda dice no a Brexit Michelle O'Neil guida l'avanzata del Sinn Fein

Storico risultato alle elezioni in Irlanda del Nord: Indipendentisti pro Ue quasi alla pari con il Dup fedele alla Corona. E adesso si teme per la pace

L'Irlanda dice no a Brexit Michelle O'Neil guida l'avanzata del Sinn Fein

È stato il voto della sfida e del dissenso. Una donna che ha stravinto e l'altra che è stata umiliata. Le elezioni regionali nell'Irlanda del Nord hanno messo nero su bianco quello che si sapeva già: la Brexit da queste parti rischia di fare davvero male. Gli irlandesi lo sanno e lo hanno dimostrato con un'affluenza altissima, il 64,8 per cento, un record degli ultimi vent'anni. Michelle O'Neil certo non osava immaginare un risultato così eclatante: lei, arrivata da appena tre mesi alla guida degli indipendentisti nord irlandesi, ha portato il Sinn Féin, il partito cattolico repubblicano, al miglior risultato elettorale della loro storia.

I protestanti unionisti, favorevoli a rimanere nel Regno Unito, hanno perso significativamente potere, conquistando 28 dei 90 seggi dell'assemblea regionale, contro i 27 del Sinn Fein, l'ex braccio politico dei paramilitari dell'Ira favorevole alla riunificazione dell'isola e delle due Irlande. È lei, Michelle, 40 anni, madre di due figli, ex sindaco ed ex ministra del governo della regione autonoma britannica, la vincitrice morale delle elezioni, che segna il confine con la storia, con quel passato fatto di bombe e terrorismo. Lei è la prima leader dello Sinn Fein a non aver provato sulla propria pelle il conflitto. Ci è cresciuta accanto certo, con un padre che è stato a lungo incarcerato, ma non è mai stata coinvolta in violenze, a differenza del cugino, ucciso in uno scontro a fuoco all'epoca dei Troubles, gli anni di fuoco quando con Londra era solo guerra.

Tre mesi fa il vice premier Martin McGuinness, ex comandante dell'Ira che ha rinunciato alle armi dopo 30 anni di guerra, ha dato le dimissioni per scandali legati alla corruzione, e il partito ha fatto il suo nome. E Michelle oggi ce l'ha fatta: non era mai successo che i cattolici sfiorassero il sorpasso. Un duro colpo per Arlene Foster, l'altra donna di questa storia, la sconfitta. Con lei per la prima volta il suo partito ha perso la maggioranza assoluta. «Proveremo a ricostituire il governo congiunto con il Dup», dice O'Neill, ma non è detto che ciò accada. Se i negoziati fallissero, il ministro britannico per l'Irlanda del Nord, James Brokenshire, potrebbe decidere di amministrare temporaneamente l'Irlanda del Nord, per la prima volta in 10 anni. Ma è Brexit il vero ago della bilancia di questa terra pronta a riesplodere.

Mentre il Dup ha fatto campagna a favore dell'uscita dall'Ue, il Sinn Fein era contro: nel referendum britannico del giugno scorso in Irlanda ha prevalso il no all'uscita dall'Ue con il 56% dei voti e il voto pro-Ue dimostra anche l'esistenza di un orientamento ormai maggioritario in favore della riunificazione dell'isola. Ora molti temono che l'uscita dalla Ue farà risorgere il confine tra le due Irlande e riaccenderà il conflitto.

A Dublino come a Belfast, molti chiedono uno status speciale per tutta l'isola che ne preservi l'unità di fatto raggiunta nei vent'anni di processo di pace. Pace relativa perchè a Belfast cattolici e protestanti sono divisi da un muro e fazioni di irriducibili aspettano solo l'occasione per rilanciare la violenza.

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