L'islamo-gauche decapita gli intellettuali "contro"

Sei anni sotto scorta per minacce di morte jihadiste e un curriculum eccezionale di arabista e specialista di islam e questioni mediorientali non sono bastati a Gilles Kepel

L'islamo-gauche decapita gli intellettuali "contro"
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Sei anni sotto scorta per minacce di morte jihadiste e un curriculum eccezionale di arabista e specialista di islam e questioni mediorientali non sono bastati a Gilles Kepel: l'Ecole Normale Superieure ha cancellato il suo corso universitario e l'ha rimpiazzato con un «master di decolonizzazione». È l'ultima, triste vittoria della «islamo-gauche» in Francia, l'ultimo scalpo di un intellettuale non allineato che può vantare la nuova religione «woke». Nel suo nuovo libro Profeta in patria, in uscita nel suo Paese, l'accademico prende atto con ironica amarezza che «la confusione tra giornalismo e proselitismo» lo ha consegnato «alla nebulosa islamo-gauchista».

In un'intervista al Foglio, Kepel spiega che il suo caso non è tanto rilevante in quanto personale («Sono un professore senza cattedra: pazienza») ma come spia del dilagare anche in Francia il Paese della difesa a spada tratta del laicismo di Stato e che in diversi Paesi africani è entrato nel mirino di «decolonizzatori» pronti a consegnarsi, mani e piedi legati, a russi e cinesi, imperialisti del XXI secolo di una subdola alleanza tra l'estrema sinistra politica e l'estremismo islamico. L'accademico esprime indignazione per il complice silenzio dei suoi colleghi davanti alle minacce di morte verso di lui («e sono gli stessi sempre pronti a denunciare l'islamofobia, a fare del burkini l'orizzonte insuperabile della felicità del musulmano, a pretendere l'uso di una scrittura inclusiva»), ma ormai ci si è abituato. Denuncia però la pericolosità dell'intreccio tra l'estrema sinistra francese (la France Insoumise di Melenchon e i Verdi) e gli «islamisti pseudorivoluzionari».

La denuncia di Kepel è chiarissima e la sua validità valica i confini della Francia: i nemici dei nostri valori sono altrettanto attivi anche in Italia sugli stessi temi e inseguono simili alleanze. L'obiettivo è sostituire alla obsoleta rivoluzione proletaria un confronto identitario, creando all'interno delle società occidentali isole di rifiuto delle leggi in cui pretendere l'applicazione della sharia (la legge islamica) da cui far partire il separatismo interno, ovvero la nuova rivoluzione.

Per questo Melenchon si oppone, con tanto di ricorso al Consiglio di Stato, alla legge che vieta l'uso nelle scuole dell'abaya (la lunga tunica scura islamica che trasforma le donne in fantasmi senza corpo): punta ai voti delle masse musulmane radicalizzate delle banlieue.

Figure non allineate come Gilles Kepel, l'abbiamo visto, non solo non ottengono la solidarietà dei loro colleghi, ma vengono abbandonate agli strali verbali di chi processa la nostra storia («islamofobo», «bianco, maschio e vecchio») e una volta isolate con campagne ostili martellanti diventano bersagli perfetti degli assassini dell'estremismo islamico. Un capitolo inquietante di quel «suicidio occidentale» che va sotto il nome ambiguo di «politicamente corretto», e che altro non è che il ritorno dalla finestra in forma aggiornata di certe follie ideologiche della sinistra marxista che la Storia si era incaricata di far uscire dalla porta principale.

Fa cadere le braccia, in tal senso, il silenzio assordante delle autorità francesi e dello stesso Emmanuel Macron.

Assediato nel fortino della «laicité» proprio come il suo ambasciatore a Niamey, capitale di quel Niger dove la folla esecra il neocolonialismo francese mentre il nuovo satrapo si consegna a un campione delle libertà come Vladimir Putin.

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